Telefono. Casa. La bambina che fu Drew Barrymore osserva incredula un buffo alieno dall’indice luminescente, mentre compone un lunghissimo numero di telefono, in una scena che è passata alla storia del cinema: E.T. l’extraterrestre. 1982, Steven Spielberg alla regia.
Ma cosa succederebbe se E.T. fosse stufo di stare attaccato a un ricevitore, mentre qui, da noi, il telefono suona a vuoto e nessuno risponde? La domanda al limite della realtà se la sono posta i ricercatori della McMaster University: non va escluso che l’intelligenza extraterrestre esista e stia cercando di mettersi in contatto con noi. Meglio prestare bene attenzione ai deboli segnali che giungono alle nostre orecchie elettroniche dalla periferia della Galassia.
Sarebbe un peccato trovarsi fuori campo mentre una forma intelligente di vita extraterrestre cerca di mettersi in contatto con noi.
Il punto di partenza è elementare: René Heller e Ralph Pudritz della McMaster sostengono che la concreta opportunità di trovare un segnale proveniente dall’esterno si basi sulla condivisibile considerazione che E.T. stia cercandoci con gli stessi strumenti in nostro possesso. Qui da noi, sulla Terra, astrofisici e ricercatori stanno concentrando i loro sforzi su pianeti e lune troppo lontani perché possano essere visti direttamente. Lo studio degli esopianeti passa dal monitoraggio dei transiti di questi lontani corpi celesti di fronte alla loro stella ospite.
Dalla misurazione della variazione della luminosità di una stella durante il transito di un pianeta di fronte al disco (prendendo a riferimento il nostro punto di vista di un lontano sistema planetario), gli scienziati possono desumere una serie di importantissime informazioni, senza mai vedere direttamente un mondo alieno. Stimano l’illuminazione media fornita al pianeta, la temperatura sulla sua superficie. A oggi sono decine i corpi su cui gli scienziati ipotizzano possano verificarsi condizioni favorevoli alla crescita e allo sviluppo della vita (vedi Media INAF).
Nello studio in corso di pubblicazione su Astrobiology, Heller e Pudritz rovesciano la prospettiva e si chiedono: potrebbe un’intelligenza aliena aver scoperto l’esistenza della Terra con lo stesso metodo dei transiti cui ricorrono regolarmente gli astronomi oggigiorno?
Se E.T. va a caccia di esopianeti come facciamo noi, e se per farlo si affida al metodo dei transiti, allora è meglio prestare bene attenzione ai posti da cui si ha una bella vista sul Sole e transito della Terra sul disco solare.
«È impossibile sapere se gli extraterrestri utilizzino o meno le nostre tecnologie per scrutare l’Universo», spiega Heller. «Certo devono fare i conti con gli stessi principi fisici che valgono per noi, e il sistema dei transiti è un buon metodo per portare a casa validi risultati». Ora, la zona di transito della Terra sul disco del Sole si offre a un pubblico di circa 100mila potenziali bersagli. Un numero destinato a crescere mano a mano che la nostra capacità di osservare il cielo viene incrementata e migliorata. «Se qualcuno di questi bersagli ospita vita intelligente, ebbene questa potrebbe averci individuati da tempo e un eventuale messaggio dallo spazio potrebbe essere già stato trasmesso in direzione Terra», spiega Pudritz.
Resta da capire se la telefonata da E.T. sia o meno già arrivata alle nostre orecchie. Speriamo di saper prestare la giusta attenzione a questi deboli segnali interstellari. E che la chiamata non sia addebitata al destinatario.
Per saperne di più:
- Leggi su Astrobiology l’articolo “The Search for Extraterrestrial Intelligence in Earth’s Solar Transit Zone”, di René Heller e Ralph E. Pudritz (il link diventerà attivo quando la pubblicazione andrà online)