Finalmente è arrivato il design finale dell’array di “piatti” (dish, in inglese) che andrà a comporre lo Square Kilometre Array (SKA), cioè quello che sarà il più grande network di radiotelescopi del mondo. In questo caso, parliamo di centinaia di antenne a forma di disco (che lavoreranno sulle medie frequenze) che si aggiungono alla famiglia di antenne già presenti nel progetto SKA, in cui ha un fortissimo contributo anche l’Italia, tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Nella prima fase del progetto (SKA1), la ricerca a medie frequenze verrà effettuata con 133 dish del diametro di 15 metri che offriranno una copertura continua da 350 MHz a 14 GHz.
Alistair McPherson, a capo della progettazione SKA presso il quartier generale di Manchester, ha detto: «Questa decisione è una tappa importante per la realizzazione di SKA. Essere in grado di “vedere” per la prima volta come saranno i dish SKA è una grande soddisfazione per tutti i soggetti coinvolti».
Sono stati tre i prototipi di antenne costruiti per la progettazione preliminare dei dish SKA: il DVA-1 in Canada, il DVA-C in Cina e il Meerkat-1 in Sudafrica. Tutti ideati e costruiti con tecnologie diverse e che comunque rappresentano il meglio che la radioastronomia e le industrie hanno da offrire al momento. Il Consorzio Dish (SKADC) ha poi presentato e analizzato due design diversi: un Panel, Space-frame supported Metal (PSM), in pratica un design che prevede pannelli metallici sostenuti da una struttura metallica modulare; e un Single Skin, Rim supported Composite (SRC), cioè un design innovativo che si basa su una superficie in composito in fibra di carbonio. Un comitato di ingegneri e radioastronomi ha alla fine scelto il design ritenuto più efficiente (pensando anche ai costi di costruzione), cioè il modello cinese PSM.
Corrado Trigilio (task leader nel Consorzio Dish, responsabile del Dish Local Monitor and Control, nonché ricercatore presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania) ci ha spiegato meglio in cosa consiste questo design: «Il riflettore primario è composto da pannelli a forma triangolare, contigui, che formano uno specchio di forma esagonale, sostenuti da una struttura metallica (il BUS, backup structure). Nel caso dei dish SKA questa struttura è formata da assi metallici collegati tra loro a formare semplici tetraedri che sostengono ognuno un pannello. I tanti tetraedri legati tra loro formano questo “space-frame” metallico a sostegno dei pannelli».
Il Consorzio (guidato dall’Australia ma che vede l’Italia a capo del board) deve affrontare una sfida notevole, come la produzione in massa di centinaia di questi “piatti”, tutti con caratteristiche identiche in quanto a prestazioni e costruiti per durare per oltre 50 anni e tollerare le dure condizioni delle zone aride e desertiche in cui verranno costruiti. In più aggiungiamo l’ampio spazio di raccolta e l’alta precisione osservativa che ingegneri e scienziati cercheranno di ottenere a un prezzo competitivo. Insomma, una sfida tecnica e ingegneristica formidabile. SKA è attualmente il più grande progetto scientifico del mondo: scienziati e ingegneri sono e saranno chiamati ad affrontare le immense sfide che si nascondo dietro il più grande network di radiotelescopi, con tutti i nuovi sviluppi nel campo dell’informatica, astrofisica, ingegneria e molti altri che si presenteranno in futuro.
Trigilio ha aggiunto: «La selezione del disegno dei dish è un’importantissima pietra miliare del progetto esecutivo di SKA, finalente raggiunta. È stato un duro processo in cui si è dovuto tener conto del fatto che i telescopi devono essere istallati nel deserto del Sudafrica. E non sono neanche tutti vicini tra loro: anche se una buona parte sarà entro una decina di chilometri dal centro dell’array, ce ne saranno tante fino a distanze di circa 100 chilometri dal resto, proprio per aumentare il potere risolutore angolare, cioè la capacità di distinguere dettagli di sorgenti fino ai confini dell’Universo visibile. La procedura di montaggio e trasporto dei dish in questo ambiente è quindi particolarmente difficile. Per non parlare della manutenzione in tale ambiente ostile e per quanti anni devono essere mantenuti al massimo delle loro capacità. La struttura dei telescopi, gli specchi, i materiali, l’affidabilità nel tempo sono stati i fattori determinanti per la scelta finale».
«Crediamo che il design selezionato avrà una buona resa nonostante le dure condizioni del deserto del Karoo, in Sudafrica, e contribuirà alla precisione di cui la comunità scientifica ha bisogno per rispondere alle questioni che stanno cercando di risolvere», ha spiegato Roger Franzen, a capo del Consorzio Dish per la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO). «Il passo successivo per noi è quello di costruire e testare un prototipo sul sito sudafricano”, ha aggiunto. Il design prescelto (SKA-P) è portato avanti dalla collaborazione tra le cinesi CETC54 e Joint Laboratory for Radio Astronomy Technology (JLRAT) in collaborazione con le compagnie europee MTM e la Società Aerospaziale Mediterranea (SAM). Franzen ha proseguito: «Ci aspettiamo che l’installazione a terra di SKA-P avvenga entro la primavera 2017. Una volta testate le performance del prototipo, passeremo alla produzione di massa dei 133 piatti per completare la fase SKA1-mid».
Il coinvolgimento italiano
L’Italia, tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), è una delle prime nazioni che ha preso parte al progetto per la costruzione di SKA. L’INAF è membro – insieme a tre altre realtà italiane: l’università di Milano-Bicocca, l’European Industrial Engineering (EIE) e la già citata Società Aerospaziale Mediterranea (SAM) – del Consorzio Dish (SKADC), guidato dall’Australia (CSIRO), del Consorzio Central Signal Processor (CSP), guidato dal Canada (NRC), ed è coinvolta nelle attività di Correlator and Central Beam Former, Non-Imaging processor e Local Monitor and Control. L’Istituto Nazionale di Astrofisica è inoltre membro del Consorzio Telescope Manager (SKA-TMC), guidato dall’India (National Centre for Radio Astrophysics NCRA-TIFR). Ultimo ma non meno importante, l’INAF è membro del Consorzio Aperture Array Design (SKA-AADC).
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