Un folto gruppo internazionale di ricercatori partecipanti al Consorzio NIKA, tra cui Marco De Petris del dipartimento di fisica della Sapienza – Università di Roma, ha ottenuto per la prima volta la velocità del gas d’elettroni in un ammasso di galassie in corso di fusione. Secondo gli autori del nuovo studio, in via di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics, queste osservazioni aprono un inedito modo di studiare la formazione delle “strutture” più grandi nell’universo, quegli enormi agglomerati di materia che hanno cominciato a formarsi per collasso gravitazionale quasi 14 miliardi anni fa, subito dopo il Big Bang.
All’epoca attuale, gli oggetti cosmici legati gravitazionalmente più grandi che si conoscano sono gli ammassi di galassie, o cluster. Nonostante il loro nome, i cluster di galassie sono composti principalmente da materia oscura (circa l’85 per cento) e gas caldo ionizzato (circa il 12 per cento), con solo una piccola percentuale della loro massa complessiva racchiusa nelle galassie vere e proprie. Per questo motivo, il processo di formazione dei cluster è dominato principalmente dal collasso gravitazionale della materia oscura e del gas intergalattico.
Gli ammassi di galassie in formazione possono interagire fra di loro, scontrandosi a vicenda con velocità molto elevate e fondendosi. Questi immensi fenomeni di fusione tra ammassi di galassie sono gli eventi più energetici dopo il Big Bang, e sono fondamentali per comprendere come si costruisca nel tempo la struttura dell’universo.
Un metodo per studiare la velocità dei cluster è quello di misurare l’impronta del loro moto nella radiazione cosmica di fondo (CMB, Cosmic Microwave Background) attraverso l’uso del cosiddetto effetto Sunyaev-Zel’dovich cinematico (kSZ). Questo effetto, dovuto allo spostamento Doppler dei fotoni della CMB quando interagiscono con gli elettroni in rapido movimento nel gas all’interno del cluster, rappresenta l’unico modo per misurare direttamente la velocità di oggetti a distanze cosmologiche, cioè lontanissimi. Tuttavia, fino a oggi, non si era mai ottenuta una rilevazione soddisfacente.
«La misura della componente cinematica dell’effetto Sunyaev-Zel’dovich (kSZ) è estremamente difficoltosa», conferma De Petris a Media Inaf, «sia per la debolezza del segnale da rivelare – parliamo di meno di un decimo della componente termica, che ormai è stata osservata su molti ammassi dal satellite Planck e dai telescopi a terra ACT e SPT – sia, soprattutto, perché lo spettro atteso dal kSZ è identico allo spettro della radiazione di fondo cosmico, rendendo impossibile distinguerli. Questo si risolve solo basandoci su osservazioni ad alta risoluzione angolare, dove è presente il solo kSZ poiché la componente della CMB diventa trascurabile».
Gli autori del nuovo studio hanno dunque tentato la misura del kSZ mappando il gruppo di ammassi di galassie denominato MACS J0717.5+3745, dove avvengono violenti fenomeni di interazione tra cluster, con la camera per microonde NIKA (New IRAM KIDs Array), montata alla parabola da 30 metri dell’IRAM, l’istituto franco-ispano-germanico di radioastronomia millimetrica.
«Le osservazioni di NIKA a 140 GHz e 260 GHz – frequenze possibili da terra perché poco contaminate dall’emissione atmosferica, dovuta prevalentemente al vapor d’acqua, – godendo della alta risoluzione angolare raggiunta, consentita dall’impiego di un telescopio di grandi dimensioni come il 30 metri di IRAM a Pico Veleta in Spagna, hanno permesso di produrre una mappa di segnale kSZ», racconta De Petris. «L’incrocio con i dati in banda X ottenuti dal satellite XMM-Newton, i quali rivelano essenzialmente la temperatura del gas ionizzato presente all’interno dell’ammasso, ha quindi permesso di inferire, con un buon rapporto segnale rumore, le componenti delle velocità di due dei sotto-ammassi presenti all’interno del cluster MACS J0717.5+3745».
I dati hanno mostrato che i due sotto-ammassi principali (indicati dalle lettere B e C nella figura in apertura) sono sul punto di cadere l’uno sull’altro a gran velocità (vedi figura qui a fianco). «Il semplice rilevamento dell’effetto kSZ è già un grande risultato in sé, ma quando ci siamo resi conto che eravamo in grado di ottenere una mappa, per noi è stato un successo enorme», commenta il primo firmatario del nuovo studio, Rémi Adam del Laboratoire Lagrange – OCA, UCA, LPSC Grenoble, CNES.
La nuova mappa ottenuta è particolarmente suggestiva perché mostra con un’alta risoluzione, per la prima volta, un’immagine del gas in movimento in un ammasso di galassie, per di più molto distante. Ma il lavoro della collaborazione NIKA è solo all’inizio.
«La futura camera NIKA2, sviluppata a Grenoble e composta sempre da un mosaico di rivelatori superconduttori a induttanza cinetica (KID), è la naturale estensione di NIKA», conclude De Petris. «Già installata al telescopio dell’IRAM, grazie al maggior numero di pixel e al campo di vista più ampio, dopo aver concluso la fase di test entro qualche mese, estenderà questo tipo di osservazioni su un campione di circa 50 ammassi lontani».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Mapping the kinetic Sunyaev-Zel’dovich effect toward MACS J0717.5+3745 with NIKA“, di R. Adam, I. Bartalucci, G.W. Pratt, the NIKA collaboration, et al.