L’apporto che alcune figure femminili hanno dato alla storia della scienza, spesso rimasto nascosto o non riconosciuto, costituirà lo spunto per una riflessione più ampia su come il mondo della scienza ha omesso di valorizzare il contributo delle donne, soprattutto in occasione di prestigiosi riconoscimenti come il premio Nobel. Di questo parlerà la conferenza a due voci di Elena Amato ed Edvige Corbelli, astronome dell’Inaf, che si terrà sabato 16 dicembre 2017, alle ore 21, all’Osservatorio astrofisico di Arcetri.
Organizzata dall’Osservatorio in collaborazione con l’Associazione astronomica amici di Arcetri, la serata nasce dall’intento preciso di creare opportunità di conoscenza su temi riconducibili alla disparità di genere in ambito scientifico. Di qui la decisione di devolvere il ricavato all’Associazione Artemisia di Firenze, che dal 1991 svolge campagne ed azioni di lotta alla violenza sulle donne su tutto il territorio nazionale.
«Nella storia dell’astronomia», ricorda Corbelli, che introdurrà la prima parte della serata parlando dei cieli delle astronome, «le figure femminili sono state associate a ruoli che forse oggi reputiamo “secondari”. In passato le donne si occupavano di assistere gli astronomi ai telescopi, di calcolare, di scrutare lastre fotografiche, accontentandosi di salari bassi. Nonostante tutto, l’universo ha rivelato loro importanti segreti quali ad esempio la sua grandezza e la diversità fra i colori delle stelle».
Ripercorrere le tappe esistenziali e lavorative di alcune astronome del passato quali Ann Jump Cannon (1863-1941), spettroscopista che classificò 350mila stelle e aprì le porte alla loro comprensione, o di Henriette Swan Leavitt (1868-1921), scopritrice di una relazione fondamentale per misurare le distanze extragalattiche, e di altre ricercatrici del nostro tempo come Vera Rubin (1928-2016), il cui lavoro sulla rotazione delle galassie ha fornito prove decisive sull’esistenza della materia oscura, sarà l’occasione per far conoscere ai non addetti ai lavori la portata, il valore dei loro contributi scientifici.
«Saranno affrontati poi i casi di scienziate al cui lavoro si è deliberatamente negato il riconoscimento che avrebbe meritato», aggiunge Amato, che parlerà delle mancate “Nobeldonne”, come Jocelyn Bell Burnell (1943), la vera scopritrice delle pulsar. «Che i risultati di una ricerca possano non essere pienamente apprezzati può succedere, indipendentemente dal genere del ricercatore, ma alcuni dati devono farci riflettere. A partire dall’istituzione del premio Nobel, nel 1901, sono stati assegnati in tutto 585 premi per un totale di 923 individui premiati. Solo 49 dei vincitori sono donne, il 4,5 per cento del totale. Se consideriamo solo i premi per la Fisica, su 200 premiati solo 2 sono donne: l’1 per cento. Insomma le donne hanno particolari difficoltà a raggiungere l’eccellenza in questa disciplina, oppure la spiegazione è un’altra?»
Conoscere queste vicende è il primo passo per creare consapevolezza e lavorare nella direzione di un cambiamento culturale quanto mai auspicabile.
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