Un esperimento condotto sull’isola di La Palma, alle Canarie, sotto la guida del gruppo di ricerca di Anton Zeilinger dell’Accademia austriaca delle scienze e dell’Università di Vienna, si è avvalso di due grandi telescopi – il Telescopio nazionale Galileo dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e il William Herschel Telescope – per effettuare un test di entanglement quantistico utilizzando i fotoni di oggetti astronomici lontani. I risultati sono pubblicati sull’ultimo numero di Physical Review Letters.
Nell’esperimento sono state create, in un laboratorio mobile a La Palma, coppie di fotoni entangled da inviare a stazioni riceventi approntate dai ricercatori accanto ai due grandi telescopi. I telescopi, a loro volta, osservando regioni di cielo quasi opposte, hanno raccolto la luce di due lontanissimi quasar – due nuclei galattici attivi molto luminosi a 8 e 12 miliardi di anni luce da noi. Le variazioni del “colore” nella luce dei quasar sono state sfruttate per decidere quale tipo di misurazioni eseguire sulle coppie di fotoni entangled, con un fotone di ciascuna coppia inviato al ricevitore presso il Telescopio nazionale Galileo e l’altro al presso il William Herschel Telescope, entrambi situati all’osservatorio del Roque de los Muchachos. In particolare, è stata misurata – seguendo le “decisioni” prese in base alle fluttuazioni della luce dei rispettivi quasar – la polarizzazione di ciascun fotone entangled.
Ma perché ricorrere a un sistema così complesso, addirittura a due quasar, per “decidere” quali misurazioni effettuare? Il motivo sta nel fatto che la misurazione di un fotone di una coppia entangled ha un’influenza immediata sul risultato della misurazione dell’altro fotone: un fenomeno quantistico di violazione del principio di località che Einstein, riluttante ad ammetterne l’esistenza, chiamava “azione spettrale a distanza”. Ora, affinché i risultati di esperimenti del genere siano validi, è cruciale garantire che le “decisioni” sul tipo di misurazioni da compiere siano completamente indipendenti, senza alcuna possibilità di influenze da una causa comune. Proprio com’è avvenuto nell’esperimento condotto a La Palma: affidando la decisione a fluttuazioni della luce provenienti dai due quasar così distanti, dunque risalente a un’epoca di poco successiva al Big Bang, un’eventuale influenza su entrambe le sorgenti potrebbe aver avuto luogo – calcolano gli scienziati – solo nel 4 per cento dell’universo conosciuto.
«La sfida cruciale dell’esperimento consisteva nel fare in modo che la scelta delle misure di polarizzazione da compiere su ciascuno dei fotoni entangled fosse fatta in modo completamente indipendente da noi e da qualsiasi ambiente, non importa quanto grande», spiega Dominik Rauch, primo autore dell’articolo. «Questa luce, del tutto autonoma rispetto a noi e a quasi tutto il nostro passato, ci ha permesso di usare i due remoti quasar come generatori di numeri casuali cosmici». Una luce ideale per questo particolare esperimento, e al tempo stesso un metodo inedito per ottenere numeri casuali.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Cosmic Bell Test Using Random Measurement Settings from High-Redshift Quasars”, di Dominik Rauch, Johannes Handsteiner, Armin Hochrainer, Jason Gallicchio, Andrew S. Friedman, Calvin Leung, Bo Liu, Lukas Bulla, Sebastian Ecker, Fabian Steinlechner, Rupert Ursin, Beili Hu, David Leon, Chris Benn, Adriano Ghedina, Massimo Cecconi, Alan H. Guth, David I. Kaiser, Thomas Scheidl e Anton Zeilinger