LO STUDIO È PUBBLICATO SU NATURE ASTRONOMY

Vicino a Sagittarius A* con l’intelligenza artificiale

Grazie alla sinergia tra informatici e astrofisici, è stato possibile utilizzare i dati di Alma con un nuovo metodo di intelligenza artificiale che non solo incorpora la fisica della curvatura dello spaziotempo e la dinamica attorno a un buco nero, ma anche l'emissione polarizzata della luce, per ricostruire in 3D due brillamenti che si sono verificati intorno a Sgr A*, il buco nero nel cuore della nostra galassia

     24/04/2024

Illustrazione artistica del disco di accrescimento attorno a un buco nero supermassiccio. Sono mostrati due hot spots, le bolle di plasma incandescente che secondo Yuhei Iwata et al. potrebbero produrre l’emissione quasi-periodica millimetrica rilevata da Alma. Crediti: Keio University

L’ambiente circostante l’orizzonte degli eventi di un buco nero è noto essere piuttosto tumultuoso, con gas caldo magnetizzato che spiraleggia su un disco a velocità e temperature tremende. Le osservazioni astronomiche mostrano che all’interno di questo disco si verificano misteriosi brillamenti fino a diverse volte al giorno, che si accendono temporaneamente e poi svaniscono. Ora, un team guidato da scienziati del Caltech ha utilizzato i dati raccolti dall’Atacama Large Millimeter/ submillimeter Array (Alma) – in un periodo di 100 minuti, subito dopo un’eruzione osservata in banda X l’11 aprile 2017 – e una tecnica di intelligenza artificiale, per ottenere la prima ricostruzione 3D che mostra l’aspetto di questi brillamenti intorno a Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero supermassiccio nel cuore della nostra galassia. La struttura tridimensionale del brillamento riprodotta nel video pubblicato, presenta due caratteristiche luminose e compatte, a circa 75 milioni di chilometri (ovvero la metà della distanza tra la Terra e il Sole) dal centro del buco nero.

Aviad Levis, primo autore dello studio uscito ieri su Nature Astronomy, sottolinea che il video non è una simulazione, ma nemmeno una registrazione diretta degli eventi così come si sono svolti. «È una ricostruzione basata sui nostri modelli fisici dei buchi neri. C’è ancora molta incertezza perché si basa sull’accuratezza di questi modelli», afferma.

Per ricostruire l’immagine 3D, il team ha sviluppato nuovi strumenti di imaging computazionale che tengono conto della traiettoria della luce in presenza della curvatura dello spaziotempo intorno a oggetti caratterizzati da un’enorme gravità.

Il buco nero supermassiccio al centro di Messier 87. Crediti: The Event Horizon Telescope

Quando venne pubblicata la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della galassia M87, Pratul Srinivasan di GoogleResearch, coautore del nuovo studio, era in visita al team del Caltech. Aveva contribuito a sviluppare una tecnica nota come Neural Radiance Fields (Nerf), che all’epoca iniziava a essere utilizzata dai ricercatori e che da allora ha avuto un enorme impatto sulla computer grafica. Nerf utilizza l’apprendimento profondo per creare una rappresentazione 3D di una scena basata su immagini 2D, fornendo così un modo per osservare la scena da diverse angolazioni, anche quando sono disponibili solo viste limitate della scena stessa. Il team all’epoca si chiese se, basandosi su questi recenti sviluppi nelle rappresentazioni delle reti neurali, fosse possibile ricostruire l’ambiente 3D intorno a un buco nero.

Il punto è che dalla Terra, o anche da un satellite nello spazio, abbiamo solo un unico punto di vista del buco nero. Secondo gli scienziati, questo problema può essere risolvibile perché il gas si comporta in modo piuttosto prevedibile quando si muove intorno al buco nero. Scattando istantanee temporizzate dell’oggetto e sfruttando la conoscenza del modo in cui il gas si muove a diverse distanze da un buco nero, è possibile risolvere la ricostruzione dei brillamenti in 3D con misurazioni effettuate dalla Terra nel tempo.

Così, i ricercatori hanno implementato una versione di Nerf che tiene conto del modo in cui il gas si muove intorno al buco nero. Sotto la guida di Andrew Chael dell’Università di Princeton, hanno sviluppato un modello di calcolo per simulare il lensing gravitazionale. La nuova versione di Nerf è stata così in grado di recuperare la struttura degli elementi luminosi orbitanti attorno all’orizzonte degli eventi di un buco nero.

Chi ha l’orizzonte libero potrà ammirare a Sud la costellazione del Sagittario, dove si trova il centro della nostra galassia. Crediti: Eso/José Francisco Salgado (josefrancisco.org), Eht Collaboration

Ma il team aveva bisogno di dati reali per testare il nuovo metodo di ricostruzione ed è qui che è entrato in gioco Alma. L’immagine di Eht di Sgr A* si basava sui dati raccolti il 6 e 7 aprile 2017, giorni relativamente tranquilli nell’ambiente circostante il buco nero. Tuttavia, pochi giorni dopo, l’11 aprile, gli astronomi hanno rilevato una luminosità esplosiva e improvvisa nell’ambiente circostante. Quando Maciek Wielgus, del Max Planck Institute for Radio Astronomy in Germania, ha riesaminato i dati Alma di quel giorno, ha notato un segnale con un periodo corrispondente al tempo necessario a un punto luminoso all’interno del disco per completare un’orbita intorno a Sgr A*.

Sebbene Alma sia uno dei radiotelescopi più potenti al mondo, a causa della grande distanza dal centro galattico (più di 26mila anni luce), non ha la risoluzione necessaria per vedere i dintorni di Sgr A*. Ciò che Alma misura sono le curve di luce, ossia l’intensità di un singolo pixel tremolante rilevata in vari istanti. Recuperare un volume 3D da un singolo pixel potrebbe sembrare impossibile ma sfruttando ciò che si conosce della fisica dei dischi di accrescimento, il team è riuscito ad aggirare la mancanza di informazioni spaziali nei dati di Alma.

C’è di più. Alma non si limita a catturare una singola curva di luce bensì ne registra due, a due diversi stati di polarizzazione della luce. Come la lunghezza d’onda e l’intensità, la polarizzazione è una proprietà fondamentale della luce e rappresenta la direzione in cui la componente elettrica di un’onda luminosa è orientata rispetto alla direzione di propagazione dell’onda.

Recenti studi teorici suggeriscono che le zone calde che si formano all’interno del gas sono fortemente polarizzate, il che significa che il campo elettrico delle onde luminose provenienti da queste zone ha una direzione privilegiata, al contrario con il resto del gas, in cui la direzione del campo elettrico è casuale. Raccogliendo le misure delle diverse polarizzazioni, i dati di Alma hanno fornito agli scienziati informazioni utili per localizzare la provenienza dell’emissione nello spazio 3D.

Basandosi sui dati di Alma, un team guidato dal Caltech ha utilizzato reti neurali per ricostruire un’immagine 3D che mostra come potrebbero apparire i brillamenti nel disco di gas attorno a Sagittarius A*. La struttura tridimensionale dei brillamenti presenta due elementi luminosi e compatti situati a circa 75 milioni di chilometri dal centro del buco nero. Qui, la struttura 3D ricostruita è vista da un angolo fisso mentre il modello si evolve nell’arco di circa 100 minuti, mostrando il percorso che le due caratteristiche luminose tracciano intorno al buco nero. Crediti: A. Levis/A. Chael/K. Bouman/M. Wielgus/P. Srinivasan

Per individuare una probabile struttura tridimensionale che spiegasse le osservazioni, il team ha sviluppato una versione aggiornata del suo metodo che non solo incorpora la fisica della curvatura della luce e la dinamica attorno a un buco nero, ma anche l’emissione polarizzata prevista nei punti caldi in orbita attorno al buco nero. In questa tecnica, ogni struttura del bagliore viene rappresentata come un volume continuo utilizzando una rete neurale. Ciò consente ai ricercatori di far evolvere dal punto di vista computazionale la struttura 3D iniziale di un hotspot nel tempo, mentre orbita attorno al buco nero, per creare un’intera curva di luce. Hanno quindi potuto risolvere la migliore struttura 3D iniziale che, progredendo nel tempo secondo la fisica del buco nero, corrispondeva alle osservazioni di Alma. Il risultato è un video che mostra il movimento in senso orario di due regioni luminose compatte che tracciano un percorso attorno al buco nero, molto simili a quelle previste dalle simulazioni al computer dei buchi neri.

Questo risultato è stato possibile grazie alla sinergia tra informatici e astrofisici. «Insieme, abbiamo sviluppato qualcosa che è all’avanguardia in entrambi i campi: sia lo sviluppo di codici numerici che modellano il modo in cui la luce si propaga attorno ai buchi neri, sia il lavoro di imaging computazionale che abbiamo svolto», conclude Levis. «Si tratta di un’applicazione molto interessante di come l’intelligenza artificiale e la fisica possano unirsi per rivelare qualcosa che altrimenti non si vedrebbe. Speriamo che gli astronomi possano utilizzarla su altre serie temporali di dati per far luce sulla complessa dinamica di altri eventi simili e trarre nuove conclusioni».

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