STRISCE DI TIGRE, MAREE E GETTI DI GHIACCIO

Su Encelado come in California

I getti di cristalli ghiacciati che fuoriescono dalle faglie cosiddette a “strisce di tigre” dal polo sud di Encelado, una delle lune di Saturno, sarebbero spiegabili con un meccanismo – detto ”strike-slip“, o faglia trascorrente – del tutto simile a quello in azione nella faglia di San Andreas, in California. Tutti i dettagli nello studio pubblicato recentemente su Nature Geoscience da un gruppo di ricerca del Caltech

     07/05/2024

Illustrazione artistica di una sezione di Encelado in cui sono visibili i getti di materiale dalle faglie tiger stripes. Crediti: James Tuttle Keane

Al polo sud di Encelado, una delle lune di Saturno, sono ben visibili quattro fratture frastagliate e parallele chiamate tiger stripes (o strisce di tigre), lunghe fino a 150 km, dalle quali fuoriescono periodicamente getti di cristalli ghiacciati. Questo fenomeno è chiamato criovulcanismo, e si ritiene che i getti provengano dall’oceano sotterraneo di Encelado, contribuendo alla formazione di un ampio pennacchio di materiale che si estende per oltre 9600 km dalla superficie del satellite. Dalle osservazioni emerge che sia l’attività del getto che la luminosità del pennacchio variano con un periodo simile a quello di rivoluzione di Encelado intorno a Saturno, pari a poco meno di 33 ore. Saturno – ricordiamo che si tratta del secondo pianeta più massiccio del Sistema solare – esercita sul satellite una forte attrazione gravitazionale che varia durante la sua orbita. Questo fa sì che Encelado subisca uno stress ciclico che causa deformazioni sulla superficie del satellite e un fenomeno interno chiamato “riscaldamento mareale” in grado di dissipare energia sufficiente per mantenere quello che si ritiene essere un oceano liquido sotto la sua crosta ghiacciata. Questa correlazione temporale ha portato gli scienziati a ipotizzare che l’attività dei getti aumenti quando lo stress mareale agisce sulle faglie superficiali del satellite, facendo sì che le strisce di tigre si aprano e si chiudano consentendo la fuoriuscita di materiale in modo ciclico.

Tuttavia, questi modelli non sono in grado di prevedere con precisione la tempistica dei picchi di luminosità del pennacchio visibili poche ore dopo il massimo stress mareale e di un secondo picco più piccolo osservabile poco dopo l’avvicinamento di Encelado a Saturno. Un ulteriore dilemma ancora irrisolto è che il meccanismo di apertura della faglia richiederebbe una quantità di energia superiore a quella disponibile dalla sola forza delle maree.

Lo studio pubblicato alla fine dello scorso aprile su Nature Geoscience, guidato da Alexander Berne del Caltech, in California, suggerisce una nuova interpretazione di questi fenomeni. Berne e il suo gruppo hanno sviluppato un modello geofisico molto dettagliato per caratterizzare il movimento delle faglie a strisce di tigre di Encelado e in grado di fornire nuovi elementi sui processi che controllano l’attività dei getti. La comprensione di questi e altri fattori – come la misura in cui il materiale del getto rappresenta l’oceano del sottosuolo, la durata dell’attività dei getti, la topografia del guscio di ghiaccio – è fondamentale per ottenere un quadro dettagliato anche sulla potenziale abitabilità della luna di Saturno.

Rappresentazione della possibile relazione tra il
movimento strike-slip della faglia e l’attività del getto su Encelado. Crediti: James Tuttle Keane

I risultati di questo studio suggeriscono che le variazioni osservate nell’intensità del pennacchio di Encelado potrebbero essere dovute a un movimento delle strisce di tigre di tipo strike-slip, ovvero con un lato della faglia che si sfila dall’altro: un meccanismo del tutto simile a quello dei terremoti lungo la faglia di San Andreas, in California. L’energia necessaria per tale movimento di faglia è notevolmente inferiore a quella richiesta dal meccanismo di apertura/chiusura ipotizzata in un primo momento per la fuoriuscita dei getti di ghiaccio dal polo sud di Encelado, e questo spiegherebbe molto meglio il fenomeno osservato. Alcune sezioni frastagliate delle fratture, in presenza di un ampio movimento di scivolamento (detto di pull-apart) si aprirebbero, consentendo all’acqua di risalire dall’oceano sotterraneo attraverso il guscio ghiacciato per alimentare i getti criovulcanici. La simulazione tiene conto, inoltre, del ruolo dell’attrito tra le pareti ghiacciate delle faglie, che rende la deformazione sensibile sia alle sollecitazioni compressive, che tendono a bloccare e sbloccare la faglia, sia alle sollecitazioni di taglio, che tendono a provocare lo slittamento dei bordi della faglia stessa.

Già nel 2005, la sonda Cassini della Nasa ha sorvolato Encelado e campionato il materiale del getto, scoprendo che il pennacchio contiene elementi come il carbonio e l’azoto. Questi elementi indicano che l’oceano sotterraneo potrebbe presentare condizioni favorevoli alla vita, anche se per l’abitabilità sono necessarie condizioni geofisiche specifiche, tra cui una produzione di calore sufficiente e un flusso di sostanze chiave tra il nucleo, l’oceano e la superficie.

Mosaico di immagini di Encelado osservato nell’infrarosso dalla sonda Cassini. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/University of Arizona/Lpg/Cnrs/University of Nantes/Space Science Institute

«Per confermare le ipotesi formulate nel nostro lavoro, sono necessarie misurazioni dettagliate del movimento delle strisce di tigre», spiega Alexander Berne, primo autore dell’articolo. «Oggi siamo in grado di visualizzare lo slittamento delle faglie, come i terremoti, sulla Terra utilizzando le misurazioni radar dei satelliti in orbita. L’applicazione di questi metodi dovrebbe permetterci di comprendere meglio il trasporto di materiale dall’oceano alla superficie, lo spessore della crosta ghiacciata e le condizioni a lungo termine che possono consentire la formazione e l’evoluzione della vita su Encelado».

«Affinché la vita si evolva, le condizioni di abitabilità devono essere giuste per un lungo periodo di tempo, non solo per un istante», sottolinea Mark Simons, coautore dell’articolo. «Su Encelado è necessario un oceano di lunga durata. Le osservazioni geofisiche e geologiche possono fornire vincoli fondamentali sulla dinamica del nucleo e della crosta e sulla misura in cui questi processi sono stati attivi nel tempo».

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