LO STUDIO È STATO PUBBLICATO SU SCIENCE ADVANCES

Onde di metano sulle rive di Titano

Le rive dei laghi e dei mari di Titano, la luna più grande di Saturno, mostrano segni di erosione dovuta probabilmente all’attività ondosa delle distese liquide di idrocarburi che si trovano sul satellite. È la conclusione a cui è giunto un gruppo di ricerca del Mit dopo aver sviluppato modelli di erosione con meccanismi analoghi ai laghi terrestri e averli confrontati con le immagini riprese dalla sonda Cassini

     25/06/2024

Illustrazione artistica di un lago al polo nord della luna di Saturno Titano, ispirata alle immagini riprese dalla sonda Cassini intorno al Winnipeg Lacus della luna. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Le rive dei laghi e dei mari di idrocarburi di Titano, la luna più grande di Saturno, potrebbero essere state erose dall’attività ondosa delle distese liquide che si trovano sul satellite. È quanto riporta un gruppo di ricerca del Massachusetts Institute of Technology (Mit) in uno studio pubblicato la settimana scorsa su Science Advances.

Titano è l’unico corpo planetario del Sistema solare oltre alla Terra che ospita fiumi, laghi e mari attivi. I sistemi fluviali di Titano sembrano essere ricchi di metano ed etano liquidi che confluiscono in laghi e mari – alcuni delle dimensioni dei Grandi Laghi dell’America settentrionale – la cui esistenza è stata confermata nel 2007 grazie alle immagini scattate dalla sonda Cassini della Nasa.

Gli esperti di geologia del Mit hanno studiato la conformazione delle coste di Titano e hanno dimostrato, attraverso simulazioni, che i grandi mari della luna sono stati probabilmente modellati dalle onde. Il gruppo di ricerca ha sviluppato i modelli di erosione sulla base dei processi attraverso i quali un lago può erodere le coste terrestri, e li ha poi applicati ai mari di Titano per capire che tipo di meccanismo erosivo abbia potuto produrre le sue caratteristiche coste. La spiegazione più probabile è che siano state proprio le onde a dare origine alle coste frastagliate di Titano.
Per arrivare a questa conclusione, gli autori dello studio hanno individuato gli scenari possibili di ciò che sarebbe potuto accadere dopo che l’innalzamento dei livelli di liquido ha inondato il paesaggio attraversato da valli fluviali. Gli scenari possibili sono tre: nessuna erosione costiera, erosione guidata dalle onde ed erosione “uniforme”, guidata dall’azione del liquido che dissolve passivamente il materiale di una costa oppure da un meccanismo per cui la costa si stacca gradualmente sotto il suo stesso peso.

I ricercatori hanno quindi simulato l’evoluzione delle varie forme di litorale in ciascuno dei tre scenari. Per simulare l’erosione provocata dalle onde hanno preso in considerazione un parametro – noto, anche ai surfisti, come fetch – che descrive la distanza fisica tra un punto della costa e il lato opposto, di un lago o di un mare – entro cui avviene la generazione del moto ondoso.

«L’erosione delle onde è determinata dall’altezza e dall’angolo dell’onda», spiega Rose Palermo del Mit, alla guida dello studio. «Abbiamo usato il fetch per approssimare l’altezza delle onde, perché più grande è il fetch, più lunga è la distanza su cui il vento può soffiare e le onde possono crescere».

Per verificare le differenze tra i tre scenari, i ricercatori hanno iniziato a simulare un mare con valli fluviali allagate ai bordi. Per l’erosione guidata dalle onde, hanno calcolato la distanza del fetch da ogni singolo punto lungo la linea di costa a ogni altro punto e hanno convertito queste distanze in altezza delle onde. Poi hanno eseguito una simulazione per vedere come le onde avrebbero eroso la linea di costa iniziale nel tempo e hanno confrontato il risultato con l’evoluzione della stessa linea di riva in caso di erosione uniforme.

I ricercatori hanno ripetuto questa modellazione comparativa per centinaia di forme diverse della linea di riva di partenza, e hanno scoperto che la forma finale della costa era molto diversa a seconda del meccanismo sottostante. In particolare, l’erosione uniforme ha prodotto coste rialzate che si sono allargate in modo uniforme su tutto il perimetro, analogamente alle valli fluviali allagate, mentre l’erosione ondosa ha levigato soprattutto le parti delle coste esposte a lunghe distanze di fetch, lasciando le valli allagate strette e ruvide.

Una volta confrontate le simulazioni con i laghi presenti sulla Terra, i ricercatori hanno riscontrato la stessa differenza di forma tra i laghi terrestri noti per essere stati erosi dalle onde e i laghi colpiti da un’erosione uniforme dovuta alla dissoluzione del calcare.

I modelli hanno rivelato che le forme assunte delle coste sono caratteristiche del meccanismo con cui si sono evolute. Il team di ricercatori si è quindi chiesto: «Dove si collocherebbero le coste di Titano, tra queste forme caratteristiche?»

Titano in un mosaico a colori nel vicino infrarosso, ripreso dalla sonda Cassini. Crediti: Nasa/JPpl-Caltech/Università dell’Arizona/Università dell’Idaho

In particolare, si sono concentrati su quattro dei mari più grandi e meglio mappati di Titano: il Kraken Mare, di dimensioni paragonabili al Mar Caspio, il Ligeia Mare, più grande del Lago Superiore, il Punga Mare, più lungo del Lago Vittoria, e l’Ontario Lacus, grande circa il venti per cento del suo omonimo terrestre.

Il confronto tra le coste di ciascun mare, sulla base delle immagini radar di Cassini, e i modelli teorici corrispondenti ai diversi meccanismi di erosione ha mostrato che tutti e quattro i mari si adattano perfettamente al modello di erosione guidata dalle onde.

«Se potessimo stare sulla riva di uno dei mari di Titano, potremmo vedere onde di metano ed etano che si infrangono sulle coste durante le tempeste. E sarebbero in grado di erodere il materiale di cui sono fatte le coste», dice Taylor Perron del Mit, coautore dell’articolo.

I ricercatori stanno lavorando per determinare quanto forti debbano essere i venti di Titano per creare onde di idrocarburi liquidi esotici che potrebbero ripetutamente intaccare le coste. L’obiettivo della ricerca è anche decifrare, dalla forma delle coste, da quali direzioni soffia prevalentemente il vento. Sapere se i mari di Titano ospitano attività ondose potrebbe fornire agli scienziati informazioni sul clima della luna, come per esempio la forza dei venti che potrebbero sollevare tali onde.

«Titano rappresenta un caso di sistema completamente incontaminato», conclude Palermo. «Potrebbe aiutarci a imparare cose più fondamentali su come le coste si erodono senza l’influenza dell’uomo, e forse questo potrebbe aiutarci a gestire meglio, in futuro, le nostre coste sulla Terra».

Fonte: sito web del Mit

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