Un giallo astronomico sta dando filo da torcere agli scienziati. Neanche un terzo dei fotoni gamma rivelati provenire dal cielo profondo, cioè esterni alla Via Lattea, può essere attribuito a quelli che finora erano considerati i sospettati numero uno di questa emissione: i buchi neri supermassivi al centro delle galassie attive. Più del 70% delle emissioni extragalattiche registrate nell’ultimo anno dal Large Area Telescope (LAT) del satellite Fermi della NASA ha un’origine diversa e per il momento misteriosa. Chi si nasconde dietro la coltre di nebbia extragalattica? Quali sono i responsabili, senza nome e senza volto, della radiazione extragalattica diffusa che permea il cielo gamma? “Ci stiamo arrovellando il cervello per trovare una risposta”, confessa Marco Ajello, astrofisico del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (Kipac), afferente alla Stanford University, in California, e allo SLAC National Accelerator Laboratory. “I nuclei galattici attivi spiegano meno del 30% della radiazione gamma di fondo. C’è ampio margine per nuove scoperte scientifiche”.
Grazie al sensibilissimo rivelatore LAT, realizzato in Italia, il satellite Fermi della NASA è riuscito per la prima volta a registrare i bagliori più deboli e distanti del cielo gamma, quelle “fiammelle” normalmente indistinguibili rispetto alla luce dei “fari” più brillanti, come pulsar e altre sorgenti gamma della Via Lattea. Finora si pensava che questo bagliore di fondo fosse il risultato dell’accumulo di emissioni di un gran numero di galassie attive, semplicemente troppo lontane e troppo flebili per essere messe a fuoco sorgente per sorgente.
Lo studio, che è stato presentato all’Astrophysical Journal e illustrato nel corso del convegno alle Hawaii della Divisione di astrofisica delle alte energie della Società astronomica americana, dimostra che le cose non stanno così. I ricercatori hanno eseguito un minuzioso lavoro di scrematura perché il debole fondo extragalattico si confonde facilmente con le emissioni ben più brillanti della Via Lattea ed è stato necessario separare accuratamente le due componenti, galattica ed extragalattica, per determinare il livello assoluto della radiazione gamma di fondo. A quel punto, gli scienziati hanno confrontato le emissioni extragalattiche con il numero di galassie attive teoricamente necessarie a generare quella radiazione. E si sono accorti che i conti non tornavano. I buchi neri al centro delle galassie attive sono solo uno (e nemmeno il principale) dei responsabili dei fotoni gamma rivelati da Fermi fino a energie che arrivano a 100 miliardi di GeV (pari a 30 miliardi di volte l’energia della luce visibile).
Come ogni giallo che si rispetti, ci sono già alcuni indiziati: “Nutriamo forti sospetti per gli acceleratori di particelle che si formano quando ammassi di galassie si fondono insieme”, ipotizza Markus Ackermann, un altro membro del team del Kipac. C’è poi il sempreverde enigma della materia oscura. “Potrebbe essere costituita da ignote particelle subatomiche che nell’interazione con la materia producono emissione gamma”, conclude Ajello.
“In qualunque lunghezza d’onda si operi- dice Patrizia Caraveo, responsabile della missione Fermi per INAF- la misura e la comprensione della radiazione di fondo che permea tutto il cielo è sempre un punto molto delicato. Magari quando saremo riusciti a identificare tutte le sorgenti del catalogo Fermi, scopriremo altri classi di oggetti celesti capaci di contribuire al bilancio gamma del cielo profondo”.