Se contassimo tutti quelli che nel mondo si occupano di astronomia per professione, scopriremmo che circa tre quarti di loro sono uomini e un quarto donne. Un rapporto ancora impari che tuttavia nel tempo è migliorato. Per secoli, il cielo è stato precluso allo sguardo delle donne, eccezion fatta per alcune pioniere. Oggi invece stelle, pianeti e galassie, telescopi e missioni spaziali, sono un campo che attrae cervelli femminili e sempre più spesso con risultati d’eccellenza. Permangono grandi differenze tra paese e paese, con alcune nazioni in cui le astronome si contano sulle dita di una mano e altre dove raggiungono quasi lo stesso numero dei colleghi uomini.
Mentre una costante si riscontra praticamente ovunque: la presenza delle donne è inversamente proporzionale al loro livello professionale. In altre parole, più si sale in alto nella scala della carriera, più crolla la componente femminile rispetto all’altro sesso. È un dato che riporta drammaticamente in primo piano l’annosa questione del “gender gap”, il divario di genere che penalizza le carriere scientifiche (e non solo) femminili e le rallenta, dal momento in cui, oltre ai meriti individuali, pesano anche fattori ostativi sociali, culturali ed economici.
Di questo si discute il 22 e il 23 aprile a Londra, in occasione della cerimonia di chiusura del progetto cornerstone dell’Anno internazionale dell’astronomia 2009 “She is an astronomer”, iniziativa che ha avuto un corrispettivo italiano attraverso il blog “Professione astronoma” coordinato a livello nazionale da Ginevra Trinchieri, ricercatrice dell’INAF-Osservatorio astronomico di Brera, relatrice dell’esperienza nel summit londinese. “Il blog è stato uno spazio virtuale dove per un anno tante astronome italiane, dipendenti, precarie e future, dell’INAF soprattutto, ma anche delle Università, si sono incontrate e confrontate sull’astronomia, sulle ricerche di punta internazionali nelle quali sono coinvolte, sulla passione per questo mestiere e le esigenze di mobilità. Ma anche sulle difficoltà per conciliare vita professionale e personale”, racconta Trinchieri. “Ne emerge un affresco da cui risulta evidente che la scienza non ha sesso. Purtroppo alcune discriminazioni sociali e culturali sì. Conciliare figli, casa e lavoro sembrano essere ancora oggi esigenze esclusivamente di lei e non di lui, né dello Stato”.
I segnali positivi non mancano. Una recente ricerca, condotta da Helen Walker e Catherine Cerarsky e pubblicata sulla rivista “Astronomy and Geophysics”, ha evidenziato che tra i membri dell’Unione Astronomica Internazionale, associazione che riunisce gli astronomi al top nel mondo, la rappresentanza femminile si attesta a un buon 31%, con 667 donne su 2109 membri. Forse un po’ a sorpresa, si scopre che nella classifica dei 68 paesi dell’IAU, l’Italia si colloca al terzo posto in termini di percentuale di donne, dietro solo ad Argentina e Ucraina, mentre Regno Unito e Stati Uniti si piazzano agli ultimi posti. Le astronome italiane nell’IAU sono passate dal 18% del 1997 al 25% del 2009, sorpassando le colleghe francesi.
Il “gender gap” sembra assottigliarsi anche all’interno dell’Istituto nazionale di Astrofisica, sebbene non siano disponibili analisi storiche approfondite (alcuni dati si possono trovare qui), ed è difficile fare confronti tra prima e dopo la fusione, nel 2005, degli ex enti afferenti al CNR con gli Osservatori astronomici. Tuttavia, tra il 2002 e il 2007 le percentuali di ricercatrici sono passate dal 20 al 32,6%, le donne tra gli associati sono aumentate dal 15,7 al 17,5% e tra i gli ordinari dal 10,9 al 19,1%.
Purtroppo la divaricazione nelle carriere di donne e uomini c’è ancora. A fotografarla sono le ultime statistiche registrate dal Comitato Pari Opportunità dell’INAF, recentemente insediatosi. Tra gli astronomi ordinari e i dirigenti di ricerca dell’INAF (il livello più alto di inquadramento professionale) la percentuale di donne raggiunge il 15%. A un livello più basso, quello di ricercatore a tempo indeterminato, le “quote rosa” salgono al 37%. E tra gli assegnisti precari di ricerca o i titolari di borse di studio le femmine superano il 40%.
Il problema, certo, non è solo dell’INAF. E’ generale e generalizzato. Anzi, rispetto alla fisica, l’astronomia segna qualche punto percentuale in più. E in Italia le astronome sono messe bene nel panorama europeo: con percentuali simili alla Francia e superiori a Germania e Gran Bretagna, nazioni che hanno un numero globale di astronomi paragonabile o superiore.