Due curiose strutture di ghiaccio spiccano sulla calotta del polo nord marziano: un abisso lungo quasi quanto il Grand Canyon, ma più largo e profondo, e una serie di solchi a spirale che dal centro della calotta disegnano verso l’esterno una specie di gigantesca girandola. Da 40 anni gli scienziati si lambiccano il cervello nel cercare una spiegazione ragionevole delle forze che hanno modellato queste stranissime composizioni di ghiaccio. Sono state formulate le ipotesi più ardite ed elaborate. Finché non è venuto fuori che la spiegazione più corretta era la più semplice. Una vecchia teoria, che quando venne formulata fu contestata da più parti: il vento marziano. È lui lo “scultore” dietro le opere millenarie del “Chasma Boreale” (il grande abisso boreale), e delle spirali del polo Nord. A smascherarlo è stato il sofisticato radar SHARAD (sviluppato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Roma La Sapienza e fornito alla NASA dall’Agenzia Spazia Italiana) montato sul Mars Reconnaissance Orbiter.
Grazie ai dati raccolti dal radar, Jack Holt e Isaac Smith, in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di Geofisica dell’Università del Texas, hanno avuto la possibilità unica di “sbucciare” uno dopo l’altro gli strati di ghiaccio e polvere, spessi tre chilometri, che costituiscono la calotta polare. Dissezionando il sottosuolo polare, i ricercatori hanno avuto la prova che a modelleare le due insolite strutture sono stati i venti marziani, venti cosiddetti catabatici. Come illustrato in due articoli pubblicati su Nature (“The construction of Chasma Boreale on Mars” e “Onset and migration of spiral troughs on Mars revealed by orbital radar“), queste forti correnti, formate da aria relativamente fredda e densa, rotolano dai poli e sono deflessi dalle forze di Coriolis generate dalla rotazione planetaria. Nel corso dei milioni di anni, hanno così determinato la formazione di queste insolite strutture. La scoperta ha un altro risvolto di estremo interesse per i ricercatori: l’analisi delle “sfoglie” di ghiaccio, irregolari e molto variabili nello spessore, rappresenta una miniera d’oro di informazioni per l’analisi dei cambiamenti climatici avvenuti sul Pianeta Rosso.
“Nessuno aveva immaginato che gli strati di ghiaccio avessero una struttura così complessa” ha detto Holt, primo autore dell’articolo dedicato al Chasma Boreale. “Gli strati registrano una storia di accumulazione, erosione e trasporto eolico del ghiaccio dalla quale possiamo ricostruire la storia climatologica del pianeta in modo molto più accurato di quanto ci si sarebbe aspettato.”