Estrarre, dalle decine di terabyte inviati a Terra dal satellite Planck, quei 12 numeretti che più fanno gola agli scienziati: i parametri cosmologici. Parametri che, a partire dalla costante di Hubble, rappresentano una sorta di carta d’identità del nostro universo. È lo scopo principale del telescopio spaziale dell’ESA, ma per arrivare a definirli con precisione occorre un lavoro immane. Un passaggio determinante del “processo di estrazione” è la component separation: vale a dire, passare al setaccio le nove mappe del cosmo prodotte da Planck—una per ognuna delle sue nove frequenze—e separare uno dall’altro i diversi contributi astrofisici, come le polveri, il sincrotrone e l’emissione free-free. A questo delicato processo contribuisce in modo decisivo un metodo di analisi, pubblicato oggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ideato da un gruppo di astrofisici italiani guidato da due ricercatrici dell’INAF: Sara Ricciardi, dell’Istituto di astrofisica spaziale di Bologna, e Anna Bonaldi, dell’Osservatorio astronomico di Padova.
«Un aspetto importantissimo, che è stato considerato per la prima volta proprio dal nostro metodo», sottolinea Sara Ricciardi, «è il trattamento degli errori. Ovvero, abbiamo sviluppato un sistema che ci permette di ottenere, oltre a una stima del parametro che stiamo considerando, anche la barra d’errore a esso associata. Può sembrare una cosa banale, ma per questo tipo metodi non lo è affatto. Poi, tramite una simulazione Montecarlo, propaghiamo questo errore fino allo spettro di potenza della CMB, la radiazione del fondo cosmico. Un altro punto cruciale è che tutto questo lavoro lo facciamo non solo per le mappe in temperatura, ma anche per quelle in polarizzazione, estremamente complesse da trattare perché contengono molto rumore».
Messo a punto utilizzando un cielo simulato, il “setaccio” software ha iniziato da poco a macinare i primi veri dati raccolti da Planck, che è stato messo in orbita il 14 maggio 2009. E già da questi primissimi test con il “cielo autentico”, i risultati sembrano assai promettenti. «Dopo anni di simulazioni, dare in pasto al sistema dati veri è un’emozione incredibile. Abbiamo capito subito che ci attendono parecchie sorprese. Per esempio», spiega Ricciardi, «ci siamo trovate a fare i conti con un cielo diverso da quello che avevamo simulato in questi anni, in qualche frequenza anche molto diverso. La modularità del nostro codice consente di modificare facilmente il modello astrofisico e ci rende in grado di testare rapidamente le possibili interpretazioni fornite dai nostri colleghi astrofisici. Ci siamo subito accorte che, introducendo queste variazioni richieste dai dati, le mappe delle componenti galattiche ricostruite apparivano molto sensate. E la mappa del fondo cosmico a microonde veniva decisamente più pulita. È stata un po’ la prova del nove: il nostro sistema funziona».».
Pur entrambe molto giovani, Sara Ricciardi e Anna Bonaldi hanno già una notevole esperienza nel campo dell’analisi dei dati di CMB. Prima di entrare a far parte del gruppo di Planck guidato da Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI del satellite, Sara ha collaborato all’analisi dell’esperimento su pallone Boomerang sotto la guida di Paolo de Bernardis, ha conseguito il PhD a Roma e lavorato a Berkeley con George Smoot, premio Nobel per la fisica nel 2006 proprio per la scoperta dell’anisotropia del fondo cosmico. Anna, a sua volta, ha conseguito il PhD a Padova seguendo in prima persona, e fin dall’inizio, lo sviluppo del suddetto metodo di component separation in vista della missione Planck. Ambedue sono state indirizzate allo studio della separazione delle componenti per il satellite Planck da Gianfranco De Zotti, astronomo ordinario presso l’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e coordinatore delle attività di separazione delle componenti nel consorzio Planck.
Per informazioni su Planck: www.satelliteplanck.it
L’abstract dell’articolo pubblicato su Monthly Notices è disponibile in rete.
Elenco completo degli autori: S. Ricciardi, A. Bonaldi, P. Natoli, G. Polenta, C. Baccigalupi, E. Salerno, K. Kayabol, L. Bedini e G. De Zotti.