SPECIALE ESOPIANETI

La vita degli altri

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla vita extraterrestre e non avete mai osato chiedere lo rivela in questa intervista Ennio Poretti, ricercatore dell'INAF- Osservatorio di Brera, impegnato nella preparazione della missione PLATO

     02/07/2010

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla vita extraterrestre e non avete mai osato chiedere lo rivela in questa intervista Ennio Poretti, ricercatore dell’INAF- Osservatorio di Brera, impegnato nella preparazione della missione PLATO e interessato alle tematiche dell’astrobiologia.

Che cos’è la fascia di abitabilità?

È quella fascia di mezzo attorno a una stella nella quale un pianeta può avere acqua allo stato liquido sulla superficie. Se il pianeta è troppo vicino, le temperature sono troppo elevate e l’acqua evaporerebbe, se è troppo lontano l’acqua ghiaccerebbe. La distanza e l’ampiezza della fascia di abitabilità variano da stella a stella. Una stella con temperatura superficiale fredda ha una fascia di abitabilità ravvicinata a sé rispetto a una stella più calda.

Quali pianeti possono orbitare nella fascia di abitabilità?

I circa 500 pianeti extrasolari scoperti finora ci hanno mostrato una grande variabilità di condizioni orbitali e fisiche. Ci possiamo aspettare pianeti gassosi nella fascia di abitabilità ma si tratta di pianeti inospitali per la vita.

Quali sono le condizioni perché si sviluppi la vita?

Possiamo basarci su quanto vediamo sulla Terra e sugli esperimenti che realizziamo in laboratorio. Oltre all’acqua liquida, c’è bisogno di un’atmosfera che filtri le radiazioni ma lasci passare abbastanza energia. Servono vaste zone di terraferma, forse anche un asse di rotazione abbastanza inclinato per permettere il ciclo delle stagioni… E poi un lungo periodo di tempo senza catastrofi naturali sul pianeta o esplosioni di supernovae nelle vicinanze o  asteroidi che entrino in collisione. La vita ha bisogno inizialmente di tempo e tranquillità per svilupparsi.

Secondo recenti ricerche su Titano o Europa potrebbe essersi sviluppata la vita. Com’è possibile, se orbitano fuori della fascia di abitabilità?

Alcuni satelliti possono avere degli ecosistemi molto particolari, condizioni estreme nelle quali però particolari batteri sono in grado di sopravvivere. In particolare, si pensa che Europa abbia un mantello di silicati a contatto con acqua intrappolata sotto la superficie. Questa struttura è simile a quella terrestre e proprio nelle zone del nostro pianeta dove sono conservate zone fossili abbiamo trovato segni dell’antica presenza di batteri. Le condizioni fisiche dei satelliti dei grandi pianeti non fanno però pensare che questi ecosistemi possano evolvere in forme di vita più complesse.

Quali sono gli strumenti con cui gli scienziati vanno a caccia di altri pianeti extrasolari simili al nostro?

Essenzialmente, le tecniche sono due. Da Terra si possono fare osservazioni molto precise della velocità radiale delle stelle più vicine e simili al Sole. In presenza di un sistema planetario, le velocità radiali variano nel tempo a causa del moto gravitazionale del sistema stella-pianeti. Successive analisi possono arrivare a determinare la massa. Con questa tecnica lo spettrografo HARPS ha scoperto un trio di pianeti aventi 4.2, 6.7 e 9.4 masse terrestri.  Dallo spazio invece si cercano le diminuzioni di luminosità provocate dal transito del pianeta sul disco del suo sole. In questo modo il satellite CoRoT ha scoperto un pianeta di 11 masse terrestri in orbita circolare
attorno a una stella simile alla nostra, ma non nella fascia di abitabilità. È talmente vicino che orbita in 20 ore! Un altro pianeta di 6.5  masse terrestri scoperto da Terra ha un periodo molto rapido, un giorno e mezzo, e si trova in uno stadio intermedio fra i giganti gassosi e i pianeti rocciosi. In effetti è relativamente semplice scoprire pianeti molto vicini alle stelle perché i periodi orbitali sono brevi. Quelli a più lungo periodo, e quindi nella fascia d’abitabilità, richiedono osservazione più lunghi e strumenti  più precisi.

Se trovassimo un pianeta nella fascia di abitabilità, come potremmo sapere se si tratta di un pianeta come la Terra  oppure di un gemello di Marte o di Venere?

La sola possibilità è studiare la luce che proviene dal pianeta stesso, non gli effetti che esso provoca sulla stella vicina (variazioni di velocità radiale o di luminosità). Coi grandi telescopi terrestri e con quelli spaziali si cercano i cosiddetti biomarkers. Ad esempio, se fosse possibile studiare in dettaglio le atmosfere dei pianeti extrasolari si noterebbe la  presenza delle molecole che sono legate alla presenza della vita e, forse, anche di una civiltà. Ma per questi studi così dettagliati dobbiamo aspettare ancora, lavorando per sviluppare gli strumenti che li possano permettere.

Venere e Marte avevano acqua in forma liquida. Perché la vita non si è sviluppata?

Nel caso di Venere, la forte attività endogena ha favorito un effetto serra così forte da portare la temperatura superficiale a circa 460 gradi. Al contrario, quella di Marte è così rarefatta da non fare schermo alle radiazioni nocive. Marte nella sua evoluzione come pianeta non ha mai sviluppato un vero ciclo dell’acqua simile al nostro.

Come possiamo immaginare gli alieni?

Simili alle specie viventi sulla Terra o comunque che abbiano seguito un percorso diverso, ma non troppo.

È ipotizzabile un “contatto” con la vita extraterrestre?

La statistica ci dice che non dovremmo essere soli nell’Universo. Tutti i tentativi di entrare in contatto con civiltà extraterrestri sono però rimasti senza esiti. Il progetto SETI (Search for ExtraTerrestrial Intelligence), attivo da decenni, non ha registrato nessun segnale proveniente dallo spazio. Non ci scoraggiamo. Passo dopo passo cercheremo di trasformare questa speranza in realtà. Le nuove missioni spaziali come PLATO e i nuovi grandi telescopi terrestri come E-ELT sono il prossimo traguardo.