Domenica 11 luglio centinaia di milioni di persone guarderanno in televisione la finale dei mondiali di calcio in Sudafrica. Nelle stesse ore ci sarà un altro evento planetario, anzi spaziale: un’eclisse totale di Sole. Il fenomeno come spettacolarità non ha nulla da invidiare alla finale di Johannesburg, però avrà un’audience molto più contenuta. Sarà infatti visibile solo da una ristretta zona dell’Oceano Pacifico. In questa fascia, che lambisce appena la Patagonia, le terre emerse sono poche. Oltre alla nota Isola di Pasqua, ci sono isolotti sperduti, raramente presi in considerazione anche dai turisti. A meno che non siate ricercatori che studiano il Sole durante le eclissi totali.
Una spedizione congiunta dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino (INAF-OATo) e dell’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) ha scelto l’atollo di Tatakoto, nella Polinesia francese, per indagare le proprietà della corona solare, una regione dell’atmosfera che circonda la nostra stella. «La corona è circa un milione di volte meno luminosa del disco solare», spiega Silvano Fineschi, responsabile della missione scientifica, parte di un programma di ricerca internazionale, che coinvolge anche l’Università delle Hawaii e la NASA.
«In particolare, la parte della corona più vicina al Sole è osservabile solo durante un’eclisse totale. Neppure con i coronografi, strumenti che schermano artificialmente la luce del disco solare, è possibile vederla. Per studiarla bisogna necessariamente recarsi là dove si verifica un’eclisse».
La corona solare è un problema irrisolto dell’astrofisica. La fotosfera, la superficie luminosa del Sole, si trova alla temperatura di circa 6000 gradi. Le particelle della corona sono mille miliardi di volte più rarefatte della fotosfera sottostante, ma la loro temperatura è nettamente superiore, superando il milione di gradi. «Quale meccanismo fornisca l’energia in più è un mistero. Il principale sospettato è il campo magnetico solare, ma mancano le prove», continua Silvano Fineschi. «Abbiamo costruito un innovativo polarimetro a cristalli liquidi con il quale studiamo la luce solare diffusa dagli elettroni liberi nella corona. Un altro telescopio studierà l’emissione del ferro ionizzato (Fe XIV). I dati che ricaveremo sull’interazione tra queste particelle e il campo magnetico aiuteranno a chiarire lo scenario».
Un ruolo cruciale per l’osservazione è quello della montatura, cioè il sistema di sostegno e puntamento degli strumenti. L’allineamento tra Sole, Luna e Terra che provoca l’eclisse totale sarà visibile dall’atollo per meno di cinque minuti: durante questo breve tempo, la corona dev’essere perfettamente inquadrata dai sensori per raccogliere la maggior quantità possibile di dati. Il polarimetro è stato già sperimento nel 2006, durante l’eclissi totale nel Sahara libico; nel 2009 un analogo prototipo ha volato a bordo di un razzo sonda della NASA, per verificare la possibilità di utilizzare questa tecnologia nelle prossime missioni spaziali.
La spedizione a Tatakoto, organizzata all’interno di una campagna internazionale di studio delle eclissi solari, è composta anche da Carlo Benna, Gerardo Capobianco e Giuseppe Massone dell’INAF-OATo e Paolo Calcidese dell’OAVdA, dov’è stato tarato l’intero apparato strumentale. La stessa domenica dell’eclisse il Planetario di Lignan, collegato al centro di ricerca valdostano, proporrà al pubblico un evento speciale su prenotazione con la ricostruzione al computer, proiettata sulla cupola della struttura, del fenomeno celeste invisibile dall’Italia.
Per maggiori informazioni:
Sito NASA sull’eclisse totale di Sole dell’11 luglio 2010
Sito INAF-Osservatorio Astronomico di Torino
Sito Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta/Planetario di Lignan
Intervista a Silvano Fineschi realizzata dallo staff INAF in OAVdA prima della partenza per la missione in Libia nel 2006