Stephen Hawking ci ripensa. Se pure in passato il grande astrofisico ha contemplato la possibilità di un intervento divino nella creazione dell’Universo, ora è categorico: non serve Dio per spiegare il Big Bang, bastano le leggi della fisica. La teoria, esposta nel suo nuovo libro “Il grande disegno” (in uscita martedì 7 settembre) nel quale si ipotizza l’esistenza di altri universi abitati, solleva una questione immane, su cui l’uomo si interroga da che mondo è mondo: l’origine di tutte le cose.
Ecco come rispondono, alle parole di Stephen Hawking, due grandi intellettuali italiani: Giuseppe Tanzella-Nitti, astrofisico e teologo della Pontificia Università della Santa Croce di Roma, e Giulio Giorello, filosofo della scienza all’Università di Milano.
Giuseppe Tanzella-Nitti: “Quando si cerca nelle equazioni matematiche una conferma o una smentita del ruolo di Dio nella creazione dell’universo, vuol dire che si sta considerando Dio al pari di un fattore empirico, un parametro da trovare o da rimuovere. Per la teologia della creazione, l’azione di Dio creatore sul cosmo è un’azione trascendente, fuori del tempo e dello spazio, non limitata al momento dell’origine (se mai ve ne è stato uno), ma finalizzata a volere da sempre l’universo e a sostenerlo da sempre con le sue leggi e i loro sviluppi. Siamo quindi ben lontani dal dilemma di chi abbia compiuto la ‘prima mossa’. Dibattere se venga prima Dio o prima le leggi di natura, come sembra fare il prof. Hawking, vuol dire impiegare la nozione di Dio in modo improprio, non come creatore, ma come “motorino di accensione” di cui si discute l’eventuale necessità o l’irrilevanza. Le leggi della fisica sono certamente sufficienti, al di là dei nostri problemi di impredicibilità, per spiegarci la struttura del cosmo ed il perché delle sue diverse trasformazioni. Ma il perché davvero “ultimo”, perché l’universo esiste — e mi lasci aggiungere, perché nell’universo esisto io, ciascuno di noi — questa è una domanda alla quale le leggi della fisica non intendono, né possono rispondere. Ma è una domanda, e in questo Hawking ha ragione, che l’essere umano in quanto tale non può non continuare a porsi”.
Giulio Giorello: “Giustamente Stephen Hawking rivendica l’autonomia della ricerca scientifica da qualunque agente soprannaturale. La scienza prescinde totalmente da Dio ed è sacrosanto che l’indagine empirica resti rigorosamente distinta dalla ‘grazia’ divina. Postulare un agente superiore alla natura significherebbe smettere di fare scienza. Si può fare a meno di Dio come agente creatore, ma questo non è in contraddizione con la fede in Dio. Il banco di prova dell’esistenza di un Creatore, non è se mette o meno ordine nelle leggi della fisica, ma se parla o tace alla nostra coscienza. Dio è una partita che si gioca nell’anima”.