Sembrava ormai spacciata nella competizione con il Pianeta Rosso. Troppo vicina, troppo scontata per farci sognare ancora come 41 anni fa ai tempi dell’Apollo 11 di Armstrong, Aldrin e Collins. D’altronde, è lecito chiedersi perché continuare a studiare la Luna. Che cos’ha ancora da dirci? E, soprattutto, perché tornarci, se oggi possiamo misurarci con una sfida nuova e ambiziosa, come raggiungere Marte?
Se esistesse un’agenzia per le scommesse spaziali, come quelle calcistiche, probabilmente in pochi avrebbero puntato su un ritorno in auge della Luna. E invece a dispetto di ogni pronostico, e nonostante la decisione lo scorso anno del presidente Barack Obama di cancellare il programma della NASA Constellation, mirato a riportare l’uomo sulla nostro satellite naturale entro il 2020, la Luna oggi risorge. Torna al centro della politica spaziale e della ricerca in campo astronomico.
Tanto per cominciare, proprio in questi giorni l’Agenzia Spaziale Europea ha annunciato che tra il 2016 e il 2018 ha in programma una missione robotica lunare, la prima per l’ESA. Una sonda sarà inviata sul satellite per scandagliare il suolo di una zona mai esplorata finora: il polo sud, una regione di grande interesse per le future missioni umane perché sembrerebbe serbare acqua.
“Per molto tempo abbiamo creduto che il suolo lunare fosse arido, mentre le ultime scoperte scientifiche hanno mostrato che le cose non stanno affatto così. È evidente che abbiamo ancora molto da scoprire sul corpo celeste a noi più vicino”, ha detto Greg Schmidt, vice presidente del Lunar Science Institute della NASA, intervenuto nella tavola rotonda organizzata sabato 19 settembre nella sede dell’INAF di Monte Mario, in occasione della giornata mondiale di osservazione della Luna.
In base alle ultime novità scientifiche, che arrivano direttamente dalla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della NASA, anche il passato della Luna non smette di raccontare particolari inediti, interessanti anche perché permettono di interpretare il nostro stesso passato, quello della Terra. Come riferito sulle pagine di Science, i ricercatori hanno ottenuto la prima mappa dettagliata dei grandi crateri che tempestano la faccia della Luna (nella foto in alto). Grazie alle informazioni fornite dalla sonda della Nasa Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro), sono stati catalogati e datati 5.185 crateri con un diametro uguale o superiore a 20 chilometri, che hanno dimostrato come le regioni più antiche della Luna siano due: una posta nell’emisfero meridionale del satellite, l’altra nella parte centro settentrionale. E sono proprio i crateri che punteggiano la superficie di queste aree che stanno raccontando la storia del bombardamento cosmico avvenuto agli inizi della storia del sistema solare, a poche centinaia di milioni di anni dalla sua nascita, risalente a circa 4,6 miliardi di anni fa.
La Luna in questo momento è un testimone oculare “a portata di mano” per studiare la formazione del Sistema Solare. Ecco un altro motivo per cui, secondo Schmidt, è importante non perderla di vista. “In terzo luogo”, ha aggiunto lo scienziato statunitense, “la faccia oscura della Luna, così silenziosa e riparata, potrebbe essere una base ottimale per gli studi di radioastronomia che invece sulla Terra pagano lo scotto delle interferenze e dei disturbi dei segnali radio di cellulari e telecomunicazioni. Una base di radioastronomia sulla Luna permetterebbe di ascoltare l’eco più lontano dell’Universo e sentire le onde della prima stella che si è accesa nel cielo. Non riesco a immaginare niente di più emozionante di questo”.
Non è solo una questione di interesse scientifico. La Luna rappresenta una base d’elezione per testare tecnologie e prototipi dell’esplorazione spaziale, soprattutto in vista dell’obiettivo Marte. In un certo senso, anziché surclassare la Luna in un’immaginaria competizione nella corsa allo spazio, il Pianeta Rosso contribuisce a rilanciare la Luna. Una tappa ncessaria, quindi, per avvicinarsi a mondi più lontani. “La Luna non è adatta a diventare una base intermedia per l’esplorazione spaziale, compito al quale si prestano meglio la Stazione Spaziale Internazionale o un asteroide sulla traiettoria – ha precisato Maria Cristina Falvella, della Direzione Generale della Ricerca del Miur, nel corso della conferenza del Moonnight Party – ma si delinea sempre più nel futuro come un cantiere dove sperimentare tutte le nuove tecnologie necessarie per intraprendere una nuova fase dell’esplorazione spaziale umana”.