Non sarà la “stoffa di cui sono fatti i sogni” vagheggiata da Shakespeare, ma ci va vicino. Per il modulo destinato a ospitare gli strumenti scientifici del James Webb Space Telescope (JSWT, l’erede del telescopio spaziale Hubble, il cui lancio è previsto per il 2014), dovendo scegliere il materiale in cui realizzarlo, ingegneri e tecnici del Goddard Space Flight Center della Nasa hanno fatto le cose in grande. Il meglio che la tecnologia poteva offrire non gli bastava. Così hanno deciso d’inventare un materiale ex novo. E partendo da zero, con in testa i soli proibitivi requisiti da rispettare, grazie a sofisticati modelli matematici e ai computer sono arrivati a una resina inedita sulla faccia della Terra: un composto di fibre di carbonio ed estero cianato dalle prestazioni mozzafiato. Ora i test criogenici hanno confermato l’eccezionalità del nuovo materiale: immerso per 26 giorni in un ambiente a quasi 250 gradi sotto zero, il modulo, grande più o meno come un’utilitaria, ha subito una distorsione di appena 170 micron—lo spessore di un ago, ben al di sotto dei 500 micron di tolleranza ammessi.
Al Goddard l’entusiasmo è tale che il nuovo composto—T300 e M55J le sigle dei due materiali di cui è fatto—è stato subito ribattezzato Unobtanium, dal nome del preziosissimo minerale del pianeta Pandora, quello del film Avatar. E non è l’unico gioiello tecnologico sviluppato per la realizzazione dell’ISIM, l’Integrated Science Instrument Module Flight Structure. Per assemblare questa grossa scatola hi-tech (2.2 metri le dimensioni, 900 chili il peso), i geni della Nasa ha escogitato persino un nuovo processo adesivo e pezzi di metallo unici, in grado di ridurre al minimo le deformazioni dovute ai cambiamenti di temperatura.
Tutto questo allo scopo di garantire che, quando JWST sarà in orbita, gli strumenti scientifici si trovino esattamente al posto in cui devono essere. Un requisito quanto mai vincolante: a differenza di Hubble, che vola a meno di 600 chilometri sopra le nostre teste, JWST osserverà l’universo da L2, il punto nello spazio che già ospita satelliti come i due gemelli Planck e Herschel dell’Esa. Ma L2 si trova a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Ciò significa che, se quando JWST aprirà il suo enorme occhio composito (ha un diametro di 6.5 metri, ed è costituito da 18 specchi esagonali che si dispiegheranno in orbita, come i petali di un fiore) dovesse saltare fuori qualche problema, non ci sarà modo di andarlo a riparare, com’è invece accaduto con il suo predecessore. Insomma, questa volta non è ammessa alcuna possibilità di errore.
Lo sviluppo dei nuovi materiali per l’ISIM non è che l’ultima, in ordine cronologico, fra le innovazioni tecnologiche scaturite dalle prestazioni estreme richieste a JWST. Un elenco impressionante lo si trova sul sito della Nasa, e spazia dall’elettronica alla criogenia. Applicazioni, dunque, con notevoli potenzialità di avere ricadute anche sulla nostra vita di tutti i giorni.
Qui puoi vedere il video della Nasa sul test criogenico superato dal modulo ISIM di JWST: