I cacciatori di pianeti extrasolari hanno fatto centro. A soli 20 anni luce da qui – una distanza relativamente vicina in termini astronomici – c’è un mondo simile al nostro, con le carte in regola per ospitare la vita. Si chiama Gliese 581g ed è il primo pianeta potenzialmente abitabile, dopo centinaia di pianeti extrasolari individuati negli ultimi anni sempre troppo vicini o troppo distanti dalla loro stella o con caratteristiche incompatibili con la vita. Stavolta, invece, i connotati sembrano proprio quelli giusti. Gliese 581g è roccioso, con una massa tre volte la Terra e orbita esattamente nel bel mezzo della fascia di abitabilità, ovvero alla distanza ideale dal suo Sole perché sulla superficie sia presente acqua liquida, una delle condizioni sine qua non per ipotizzare forme di vita extraterrestre. L’abitabilità di un pianeta dipende da molti fattori, ma l’acqua allo stato liquido e la presenza di un’atmosfera sono fra i più importanti. Magari per noi esseri umani Gliese 581g potrebbe non essere un buon posto dove vivere, ma si tratta comunque del primo e più vicino luogo al fuori dal sistema solare dove potremmo incontrare la vita, anche se diversa da quella che conosciamo.
L’eccezionale scoperta, pubblicata sulla rivista Astrophysical Journal e online su arXiv.org, si deve a un gruppo di ricerca coordinato dall’Università della California a Santa Cruz e dalla Carnegie Institution di Washington. Per 11 anni gli scienziati hanno tenuto sotto stretta osservazione il sistema planetario orbitante intorno a una stella molto simile al sole, la nana rossa Gliese 581, situata nella costellazione della Bilancia. Per 11 anni, hanno collezionato dati con il Keck Observatory nelle Hawaii e misurato in maniera estremamente accurata (con una precisione di 1,6 metri al secondo) la velocità radiale della stella, ovvero quelle minime variazioni di posizione dovute all’effetto gravitazionale dei corpi orbitanti intorno a essa. Nel corso di queste perlustrazioni, erano già stati individuati quattro pianeti, due dei quali ai bordi della fascia di abitabilità, uno sul fronte più caldo e l’altro sul fronte più freddo (e su quest’ultimo gli scienziati non hanno perso le pur debolissime speranze che possa essere abitabile). Ma solo i recentissimi risultati hanno permesso al gruppo di astronomi, capitanato da Steven Vogt e Paul Butler, di rilevare altri due pianeti, portando a sei i membri della famiglia, la più numerosa ad oggi conosciuta al di fuori del nostro sistema solare. Ma la sorpresa più grande è stata scoprire che uno dei due (il quinto rispetto alla stella) si trova proprio al centro della fascia di abitabilità.
Gliese 581g avrebbe una forza di gravità di simile a quella terrestre, tale per cui una persona potrebbe tranquillamente camminare in posizione eretta sulla sua superficie. Questo rende possibile anche la presenza di un’atmosfera. Con una massa compresa fra 3,1 e 4,3 masse della Terra e un raggio stimato fra 1,2 e 1,5 raggi terrestri, “Gliese 581g rientra nelle cosiddette Superterre, pianeti simili al nostro anche se la loro struttura potrebbe essere diversa”, commenta Raffaele Gratton, astronomo dell’INAF-OA di Padova. “In questo senso, è il miglior candidato a pianeta abitabile trovato sinora”.
Questo nuovo mondo extrasolare ha un’orbita circolare di 36,6 giorni e le sue temperature medie di superficie sono comprese fra -31 gradi e -12 gradi. Dal momento che il pianeta rivolge sempre la stessa faccia alla sua stella, un lato è perennemente illuminato e più caldo, l’altro sempre buio e più freddo. Secondo gli scienziati, sarebbe un ulteriore elemento a favore della presenza di vita, perché il clima sul pianeta sarebbe stabile: “Ogni forma di vita emergente avrebbe un ampio range di climi stabili in cui evolvere a seconda della longitudine”, ha detto Vogt.
Ma come si fa a sapere se effettivamente la vita laggiù si è sviluppata? “Per comprendere se il pianeta possa ospitare forme di vita, occorre poterne studiare l’atmosfera. Pensiamo che l’indicatore fondamentale sia la presenza di O2, molecole di ossigeno che dovrebbero essere abbondanti nell’atmosfera solo in presenza di fotosintesi clorofilliana”, spiega Gratton. “Forme di vita che non usano la fotosintesi sono naturalmente possibili, ma sembra molto più difficile rivelarne la presenza”.
“Nel caso dei pianeti di Gliese 581, che non appaiono transitare sul disco della stella, perché l’orbita è troppo inclinata, dati sull’atmosfera (essenzialmente spettri) possono essere ottenuti solo con immagini dirette.Per esempio con EPICS, lo strumento progettato per E-ELT, che potrebbe essere disponibile tra poco più di un decennio. Si può ragionevomente sperare che questi spettri potrano chiarire se nell’atmosfera di questo pianeta c’è una quantità rilevante di O2. Su una scala temporale più lunga, oltre il 2030, strumenti come il Terrestrial Planet Finder della NASA o eventuali evoluzioni del progetto Darwin dell’ESA potranno probabilmente raggiungere questo obiettivo”.
In tal caso, se la scoperta fosse confermata, “sarebbe probabilmente una di quelle da premio Nobel”, afferma Gratton, “anche se il merito andrebbe diviso tra molti gruppi di ricerca, fondamentali nel campo degli esopianeti”. Per il momento, la scoperta di questo quasi-gemello della Terra apre orizzonti sconfinati e vertiginosi. Secondo gli autori infatti, considerato il numero relativamente basso di sistemi planetari monitorati finora, mondi simili non possono essere rari. “Se lo fossero, non ne avremmo trovato uno così rapidamente e così vicino”, ha detto Vogt. “Il 10-20 per cento dei sistemi solari potrebbe avere pianeti abitabili: moltiplicato per centinaia di miliardi di stelle nella Via Lattea, significa che potrebbero esserci decine di miliardi di altre Terre nella nostra galassia”.
Ascolta Enrico Flamini Coordinatore scientifico dell’ASI a Storie dall’Astromondo