No, non abbiamo sbagliato a far di conto, ma stiamo parlando di un sistema extrasolare assolutamente unico nel suo genere. Intorno a NN Serpentis, una stella binaria, composta cioè da due corpi celesti che orbitano uno intorno l’altro, sembrano infatti ruotare due pianeti di massa simile a quella di Giove. E dunque: due stelle, due pianeti, un unico sistema. Una configurazione inaspettata, poiché le stelle multiple producono effetti gravitazionali che rendono molto difficile la formazione di pianeti intorno ad esse. L’insolita configurazione di corpi celesti si trova a circa 1.670 anni luce dalla Terra ed è stata scoperta da un team internazionale di astronomi guidati da Klaus Beuermann dell’Università di Gottinga in Germania.
La più massiccia delle due stelle è una nana bianca molto piccola – ha solo poco più del doppio del diametro della Terra – ma con una temperatura prossima ai 50000 gradi centigradi. Una fornace circa nove volte più calda della fotosfera, l’atmosfera visibile del nostro Sole. La stella compagna è invece più grande ma meno calda, con una massa solo un decimo di quella del sole. I due corpi sono legati dalle reciproche forze di attrazione gravitazionale e possiedono un’orbita molto stretta.
Il caso ha voluto che il piano su cui si muovono queste orbite sia lo stesso di quello della Terra, così che si vengano a creare delle eclissi periodiche e assai ravvicinate nel tempo: una ogni 3 ore e 7 minuti per la precisione. Questo fenomeno può essere considerato come un orologio naturale assai preciso. Le piccolissime variazioni negli intervalli di tempo rilevate tra un’eclissi e la successiva sono state interpretate quindi come la prova decisiva della presenza di uno o più pianeti intorno al sistema stellare. Accurate simulazioni al calcolatore hanno poi confermato come la configurazione che meglio descrive le osservazioni sia appunto quella con due pianeti, uno di massa pari a quasi 6 volte il nostro Giove, l’altro di “solo” una volta e mezza.
Per raggiungere questo grado di accuratezza ci sono voluti ben 22 anni di osservazioni combinate, sfruttando anche i migliori telescopi del mondo come il Very Large Telescope dell’ESO sulle Ande cilene. I risultati della scoperta sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.