PER CELEBRARE I 50 ANNI DI RICERCHE

Il mondo a caccia di “ET”

Per celebrare il 50° anniversario dell'inizio della ricerca sistematica di forme di vita intelligenti extra-terrestri, radiotelescopi di tutto il mondo - tra cui l'antenna di Medicina dell'INAF-IRA - daranno il via a una “maratona” di osservazioni simultanee tra il 5 e l’8 novembre prossimi. Ne parliamo con Stelio Montebugnoli dell'INAF.

     04/11/2010

La parabola da 32 metri dell'INAF-IRA presso la stazione osservativa di Medicina (Bo) (Copyright INAF-Cerisola)

Era il 1960 quando Frank Drake, un radioastronomo ventinovenne del National Radio Astronomy Observatory in Virginia (Stati Uniti), puntò l’antenna da 26 metri del radiotelescopio Howard Tatel  verso due vicine stelle, simili al nostro Sole, denominate Tau Ceti ed Epsilon Eridani. Il suo obiettivo era cercare segnali radio prodotti da civiltà extraterrestri in possesso di una tecnologia che permettesse loro di diffonderli nello spazio. Iniziava così il progetto Ozma, che apriva di fatto un nuovo affascinante capitolo nell’esplorazione dell’Universo.

Per celebrare il 50° anniversario di quell’evento storico, tra il 5 e l’8 novembre prossimi i radiotelescopi di 19 Istituti di Ricerca sparsi in 12 Paesi su 5 i continenti, parteciperanno tutti insieme a un nuovo progetto osservativo, alla ricerca di segnali prodotti da forme di vita intelligente extraterrestre. E così come Ozma prese il suo nome da una principessa del  racconto “Il meraviglioso Mago di Oz”, anche questo nuovo progetto porta quello di una eroina del medesimo romanzo: Dorothy. Anche l’INAF parteciperà all’iniziativa con la parabola da 32 metri dell’Istituto di Radioastronomia presso la Stazione Radioastronomica di Medicina puntando, tra gli altri, anche la stella Gliese 581, nota per possedere un sistema planetario nel quale almeno un pianeta si troverebbe nella cosiddetta “zona di abitabilità”, dove cioè l’acqua eventualmente presente in esso potrebbe trovarsi allo stato liquido.

Per conoscere meglio il progetto Dorothy e la ricerca astrofisica ad esso correlata, abbiamo parlato con Stelio Montebugnoli, dirigente tecnologo dell’INAF presso la stazione radioastronomica di Medicina, che da anni si interessa anche di SETI.

È tutto pronto per l’inizio di questa “maratona” radioastronomica su scala globale, che punterà i migliori strumenti per questo tipo di indagini disponibili sulla Terra. Gli “obiettivi” sono stati accuratamente selezionati dal SETI Institute. Può dirci cosa è il SETI?

Il SETI (una sigla che sta per Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è un programma che è stato della NASA fino al 1993, quando venne cancellato dal Congresso statunitense per motivi legati ai fondi. Dalle ceneri del NASA-Seti nacque il SETI Institute, che opera con donazioni di privati.

E quali sono gli ambiti di attività di questo Istituto?

Oggi il SETI ha un’ampia partecipazione internazionale e in sostanza si propone di ricercare segnali radio emessi da eventuali civiltà aliene in possesso di una opportuna tecnologia. Questa ricerca, che viene effettuata mediante l’uso dei moderni radiotelescopi collegati ad opportuni elaboratori di segnali molto veloci, è attualmente in corso di svolgimento negli Sati uniti, in Italia, in Australia e in Argentina. Siccome la probabilità di successo di un tale programma è molto scarsa, il programma deve ovviamente costare poco. Tengo a precisare che i radiotelescopi italiani dell’Istituto di Radioastronomia dell’ INAF sono impegnati primariamente in altre attività di ricerca ed il SETI viene portato avanti come una attività in parallelo ai programmi in corso, senza perturbarli. In questo modo si può sfruttare, a basso costo, molto del tempo antenna. In più questo tipo di utilizzo della nostra strumentazione è un valido aiuto nel monitoraggio delle interferenze radio, che rappresentano un grande problema della radioastronomia moderna.

Parliamo un po’ del progetto Dorothy: cosa succederà tra il 5 e l’8 novembre nei centri di ricerca coinvolti e quale sarà il ruolo dell’INAF?

Possiamo proprio dire che l’evento sarà davvero globale: numerosi radiotelescopi distribuiti in tutti e cinque i continenti punteranno contemporaneamente una serie di pianeti, scelti dal comitato organizzatore dell’evento, alla ricerca di segnali che potrebbero essere stati prodotti da una qualche civiltà intelligente. La tabella degli “obiettivi” con le coordinate celesti e gli intervalli di osservazione ci arriverà dagli organizzatori giapponesi, il cui responsabilie è Shin-Ya Narusawa.  L’INAF parteciperà alle attività in programma per circa 24 ore, a partire dalle  8 della mattina di sabato 6 novembre. Le osservazioni verranno effettuate con la parabola VLBI (Very Long Baseline Interferometry) da 32 mt di Medicina, collegata ad un analizzatore di spettro da molti milioni di canali (per l’esattezza 24 milioni su bande di 16 MHz) che raggiunge risoluzioni di 0.7 Hz. Ma al di là dell’aspetto scientifico, mi fa molto piacere constatare che il cinquantesimo anniversario del progetto Ozma rappresenta simbolicamente lo sforzo non più di un solo uomo come Frank Drake, ma di ricercatori di tutta la Terra.

I radiotelescopi che parteciperanno alle osservazioni del progetto Dorothy sono:

  • Jodrell Bank (UK)
  • Arecibo (USA)
  • GMRT (india)
  • ATA (USA)
  • Medicina (Italia)
  • Vari radiotelescopi giapponesi
  • IAR (Argentina)
  • Nancy (France)

a cui probabilmente si aggiungeranno Parkes (Australia) e Green Bank (USA). Il radiotelescopio europeo LOFAR osserverà in parallelo, ma su frequenze più basse degli altri strumenti coinvolti.

Ecco l’intervista video a Stelio Montebugnoli:

https://www.youtube.com/watch?v=Fkr1n14_vbg

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