Nucleosintesi e abbondanza nella vicina Orione.Questo lo studio pubblicato tra gli highlights dalla prestigiosa rivista scientifica Astronomy and Astrophysics, i cui tre autori, Katia Biazzo, Sofia Randich e Francesco Palla, sono dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF. Francesco Palla in particolare ne è il direttore. La ricerca inoltre, individuando possibili relazioni tra diversi fenomeni, si rivela anche un importante studio per meglio comprendere dove indirizzare gli strumenti utili alla ricerca di pianeti extrasolari.
Dei risultati della ricerca e di queste possibili correlazioni ne parliamo con una delle autrici, Katia Biazzo, post-doc fellow ad Arcetri.
In primo luogo è da sottolineare la determinazione del contenuto di ferro presente nelle stelle più giovani di Orione e di massa simile al Sole. Quello che ci si aspetterebbe, in regioni di formazione stellare nell’intorno solare, come è appunto Orione, è una distribuzione di metallicità almeno uguale a quella riscontrata sul Sole. E questo non è il caso. Anche se di poco, le stelle di Orione risultano piu’ anemiche del Sole.
Questo è stato il primo dei risultati che in qualche modo non “tornava”, non l’unico.
Infatti, grazie all’ottima qualità degli spettri ottenuti al Very Large Telescope dell’ESO (in Cile), la ricerca ha permesso di misurare l’abbondanza di alcuni elementi chimici che dovrebbero testimoniare la possibile contaminazione da una generazione all’altra e il progressivo arricchimento al variare dell’età. Nel passato si è ipotizzato che i sottogruppi di una stessa regione di formazione stellare siano il risultato di un processo sequenziale, in cui la generazione iniziale induce la formazione di una seconda generazione, attraverso le esplosioni di supernova, e così via. In Orione, per esempio, sono presenti quattro diverse generazioni stellari. L’idea di fondo è che questa sequenzialità si rifletta nell’abbondanza crescente di elementi alfa (silicio, ossigeno, titanio, calcio), prodotti dall’esplosione delle supernovae di secondo tipo. Secondo questo modello, i gruppi di stelle più giovani dovrebbero esserne più ricche di quelle meno giovani. E invece abbiamo riscontrato omogeneità, la stessa abbondanza.
Vi è un terzo aspetto che sembra rendere la vostra ricerca utile anche per altri campi dell’astronomia, come la ricerca di pianeti extra solari.
Sì, è così, anche se in maniera sorprendente le nostre misure di abbondanze sub-solari lascerebbero pensare il contrario. Infatti, è noto che la frazione di stelle evolute di tipo solare con pianeti giganti scoperti negli ultimi 15 anni aumenta significativamente per metallicità più elevate di quella solare. Nel nostro campione, soltanto una stella presenta queste caratteristiche. E’ possibile quindi che la bassa metallicità e le condizioni fisiche particolari di Orione non siano favorevoli alla formazione su vasta scala di pianeti. Resta dunque la domanda se Orione sia un’eccezione. Il prossimo passo è di verificare quanto gli altri complessi giovani nei dintorni del Sole siano diversi da Orione.