Prima ancora di essere ufficialmente resa pubblica dalla rivista Science, la notizia ha già fatto il giro del mondo. Perché la sua portata è tale da stravolgere gli scenari nella ricerca di vita extraterrestre. La scoperta, preannunciata dalla NASA, è questa: è stato trovato un batterio in grado di sopravvivere a base di arsenico, in un ambiente finora considerato incompatibile con la vita. “ET” non vive su un altro pianeta, ma sulla Terra. Per la precisione, nel Mono Lake, uno dei laghi del parco nazionale Yosemite in California, estremamente salato e con la più alta concentrazione di arsenico al mondo. Si tratta, a tutti gli effetti, di una forma di vita finora sconosciuta e inimmaginabile.
Gli esperimenti condotti in laboratorio hanno dimostrato che questo batterio è in grado di sostituire il fosforo, elemento base per la vita, costituente fondamentale delle catene del DNA e dell’RNA e cruciale per l’energia delle cellule, con l’arsenico, un veleno letale. I due elementi chimici sono simili, vicini sulla tavola tavola periodica, ma normalmente quando l’arsenico si sostituisce al fosforo, il metabolismo va in tilt e l’organismo è spacciato. I ricercatori dell’Arizona State University, in collaborazione con l’Istituto di Astrobiologia della Nasa, hanno visto che togliendo a poco a poco il già scarso fosforo presente nelle acque del lago, e sostituendolo con arsenico, i microbi sopravvivevano ugualmente. Una forma di vita alla rovescia.
“E’ un annuncio di grande importanza, per cui serve cautela. Ma se il dato fosse confermato, dovremmo prendere il considerazione il fatto che la vita e l’evoluzione delle specie possono seguire percorsi finora considerati impensabili”, afferma Luigi Colangeli, già direttore dell’INAF-OA di Capodimonte e attualmente all’Agenzia spaziale europea come Capo divisione scientifica esplorazione del sistema solare del centro ESA-ESTEC. “Significherebbe che la vita può svilupparsi anche laddove finora non l’abbiamo mai cercata. Non solo, cioè, in presenza di composti organici, come l’acqua, presente nel passato di Marte, o il metano dei laghi di Titano. Ma anche in ambienti completamente diversi. Quella ristretta fascia di abitabilità, dove cerchiamo, esopianeti abitabili si amplierebbe”.
Secondo John Robert Brucato, ricercatore dell’OA di Arcetri dell’INAF e presidente della Società italiana di astrobiologia, si tratta di “una scoperta della quale non potranno non tenere conto tutti i programmi spaziali impegnati nella ricerca di forme di vita extraterrestre”. Tanto per cominciare, bisognerà raffinare le tecniche di indagine. Un esempio? “Dovremmo attrezzarci diversamente in vista della prossima missione su Marte, ExoMars”, missione dell’ESA con una forte partecipazione italiana.
“Il rover che sbarcherà sul Pianeta Rosso nel 2018 andrà a perforare la superficie, prelevando campioni che saranno poi analizzati dagli strumenti della sonda”, prosegue Brucato. “Uno di questi strumenti, chiamato Life Marker Chip, avrà lo specifico compito di cercare biomolecole. Se l’arsenico può esser compatibile con la vita, bisognerà sviluppare i recettori di conseguenza”. Potremmo scoprire che i “marziani” esistono, in forma di microbi che neanche noi pensavamo di ospitare sulla Terra.