Cerro Paranal: a 2635 metri di quota, nel pieno deserto di Atacama in Cile, è il posto più arido al mondo e indubbiamente uno dei luoghi meno ospitali del pianeta. Ma il clima secco e la mancanza di nubi per quasi tutto l’anno lo rendono uno dei “paradisi” per la ricerca astronomica. Non a caso l’ESO vi ha installato, tra gli altri, i quattro giganteschi telescopi europei che compongono il Very Large Telescope (VLT), uno degli strumenti più importanti al mondo per lo studio dell’universo. Ed ora, accanto a questo colosso di cemento, acciaio e vetro, c’è un nuovo strumento: è il telescopio VST (VLT Survey Telescope), con il quale l’Istituto Nazionale di Astrofisica contribuisce ad una prestigiosa joint venture proprio con l’European Southern Observatory, proprietario dell’Osservatorio di Paranal. Il VST è un telescopio riflettore di nuova generazione con montatura altazimutale e specchio principale di 2.6 metri di diametro. Progettato per garantire un’elevata qualità delle immagini astronomiche su un grande campo di vista, sfrutterà un sofisticato sistema di ottica “attiva” per ottimizzare la qualità delle immagini raccolte. Queste caratteristiche lo renderanno un eccellente strumento per l’esplorazione sistematica del cielo e una valida “spalla scientifica” del VLT, cui potrà fornire una messe di “bersagli” snidati nella vastità del cosmo.
La “prima luce tecnica” di VST – ossia le prime osservazioni che fanno parte di quella lunga e complessa attività per verificare il funzionamento dei diversi apparati e delle ottiche – è stata ottenuta proprio nei giorni scorsi, utilizzando un dispositivo commerciale. Ma il vero salto di qualità per VST ci sarà all’inizio di marzo del prossimo anno, quando verrà installata al telescopio la potente camera per immagini il cui rivelatore, un mosaico di 32 CCD per complessivi 256 milioni di pixel, capace di coprire un campo di vista nel cielo pari a ben un grado quadrato (equivalente alla superficie apparente di quattro lune piene). OmegaCam, questo il nome dello strumento, è stata realizzata da un consorzio internazionale di cui, oltre all’ESO, fanno parte Istituti di ricerca tedeschi, olandesi e italiani. Per il nostro Paese sono coinvolti gli Osservatori INAF di Padova e Napoli. Siamo quindi ancora nelle fasi iniziali del collaudo del telescopio, ma già si intravvedono dai primi risultati le sue grandi potenzialità.
Il VST è stato ideato e progettato all’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, che lo ha inizialmente finanziato con fondi attribuiti all’Osservatorio dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (oggi MIUR), dal Consorzio Nazionale di Astronomia e Astrofisica (CNAA), e dal Consiglio Regionale della Campania. Ed è sempre l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte che attualmente gestisce il progetto VST. L’ESO, che è responsabile diretto delle opere civili, delle infrastrutture, e della gestione e manutenzione del VST, compenserà le risorse economiche e umane messe in campo dal’INAF assegnando all’Istituto una frazione di tempo di osservazione del VST pari al 15%, cui si aggiunge una quota di notti di osservazione al VLT.
Il telescopio verrà utilizzato prevalentemente per vaste e ambiziose ricerche sistematiche che sfrutteranno il grande campo di vista e l’elevata risoluzione della sua strumentazione. Dal VST si attendono risposte su questioni che vanno, per esempio, dallo stato dell’interazione tra la Via Lattea e le galassie satelliti all’accertamento dell’esistenza e dell’abbondanza della materia oscura, rivelata tramite minuscole deformazioni indotte da questo elusivo ingrediente cosmico su sorgenti luminose distanti, e molto altro ancora. “Sembra finalmente concludersi con soddisfazione di tutti un progetto che nel suo svolgersi ha dovuto superare alcune importanti difficoltà” commenta Tommaso Maccacaro, Presidente dell’INAF. “Un risultato ottenuto grazie all’eccezionale impegno del personale INAF coinvolto. Altrettanto eccezionali saranno sicuramente i risultati scientifici che VST potrà ottenere. E visto che questo telescopio si occuperà di indagini su vaste porzioni di cielo –prosegue Maccacaro – prepariamoci a scoperte inattese”.
Per saperne di più: leggi il comunicato stampa INAF.
Guarda l’intervista a Massimo Capaccioli.