Fra i numerosi scritti sulle osservazioni che dedicò a Marte, Giovanni Schiaparelli ne firmò anche uno dal titolo “La vita sul pianeta Marte”. Era il 1895, Schiaparelli era direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera e l’articolo era frutto delle sue ipotesi, maturate studiando l’aspetto della superficie del pianeta rosso.
Cosa direbbe oggi Schiaparelli se, al posto dei risultati ottenuti con un telescopio del diametro di quasi 22 cm, il Merz, potesse consultare i dati forniti da missioni che hanno portato sul pianeta rover, lander e una nutrita schiera di satelliti artificiali? Probabilmente rimarrebbe deluso: su Marte non ci sono e non ci sono mai state forme di vita intelligente, né tantomeno alcuna civiltà progredita. Eppure fra gli obiettivi delle missioni destinate a Marte, che siano in corso o in programma per il futuro, la parola vita compare sempre: si continua a cercarla e a cercarne le tracce, non animali o piante ma semplici organismi microscopici. Gli ipotetici marziani che vorremmo trovare oggi non hanno nulla a che fare con le creature immaginate dalla fantascienza di ieri. Se sul pianeta rosso c’è, o c’è stata, vita, non si pensa possa essersi evoluta oltre la forma di semplici batteri, ma un semplice batterio, se un giorno lo trovassimo su Marte, diventerebbe la creatura più importante della storia della nostra conoscenza. Si tratterebbe del primo vero extraterrestre, il primo essere vivente ad abitare un mondo che non è la Terra.
La ricerca di forme di vita semplici, tuttavia, è una questione quanto mai complessa. Per intraprenderla bisogna aver chiaro cosa esattamente stiamo cercando, dove intendiamo cercare e con quali mezzi.
Che tipo di vita cerchiamo?
“Oggi non ci si aspetta più di trovare su Marte degli esseri macroscopici” ci spiega il Prof. Giuseppe Galletta, docente di astrobiologia presso l’Università di Padova: “normalmente si presume di trovare delle piccole cellule, batteri per esempio, piccole spore oppure dei filamenti di DNA o RNA, cioè dei virus.”
Dall’epoca delle missioni Viking, che nel 1976 approdarono sul suolo marziano e ne analizzarono alcuni campioni senza trovare traccia di organismi viventi, le nostre conoscenze sulle cosiddette “forme elementari di vita” sono enormemente cresciute. Anche sulla Terra, infatti, esistono ambienti proibitivi, sottoposti a pressioni enormi o a temperature estreme, ma si è scoperto che in alcuni di essi, al di là di ogni aspettativa, vivono dei microrganismi. Questo dimostra quanto elastica e adattabile possa essere la vita stessa e che, anche se l’ambiente marziano deve a tutti gli effetti essere considerato estremo, non è ancora possibile stabilire con assoluta certezza se sia del tutto inospitale. E per questo si continua a cercare.
Alla ricerca di prove
Dalla superficie, all’atmosfera, ai “frammenti” di Marte che sono arrivati sulla Terra: la caccia alle prove della vita è un’indagine a tutto campo.
Sulla superficie sono approdati lander e rover: veri mini-laboratori in grado di analizzare campioni di suolo e roccia, restando fermi sul posto i primi (l’ultimo di questi è stato Phoenix), con la possibilità di muoversi grazie a ruote i secondi (i due rover gemelli attualmente in missione su Marte sono Spirit e Opportunity). Le analisi effettuate finora non hanno fornito prove evidenti, hanno però procurato molti indizi. Alcune rocce esaminate da Spirit, ad esempio, testimonierebbero che in passato Marte sia stato un mondo umido, non acido e favorevole alla vita. Gli esperimenti condotti sui campioni analizzati dal lander Phoenix,invece, hanno permesso di individuare tracce di perclorato, un ossidante, la cui presenza tiene acceso il dibattito sulla faccenda della vita passata di Marte, visto che si presta a interpretazioni divergenti.
Nel frattempo si indaga sull’atmosfera marziana nella quale è stata rilevata la presenza di metano. Il metano è un composto organico che può essere dovuto ad attività vulcanica, ma anche prodotto in seguito a processi biologici che coinvolgono necessariamente organismi viventi. Anche in questo caso non è facile stabilire con certezza e in modo univoco quale sia la giusta interpretazione.
Un altro caso controverso è quello di ALH 84001, il meteorite proveniente da Marte ritrovato in Antartide nel 1984: al suo interno sono stati individuati cristalli di magnetite molto simili a quelli prodotti sulla Terra da organismi viventi. Gli stessi cristalli, però, possono essere il risultato di processi geologici che con la vita non hanno nulla a che fare.
Dove cercare la vita?
Se dalle prove si vuole passare ai fatti, ovvero scovare le ipotetiche forme di vita marziane, bisognerebbe dapprima trovare l’acqua liquida: è la strategia che alla NASA hanno battezzato “Follow the water” (Seguire l’acqua).
“L’acqua è un elemento importantissimo nell’evoluzione e nel metabolismo delle forme di vita terrestri e perciò, se ne cerchiamo di simili alle nostre, bisogna puntare ai luoghi dove l’acqua può avere una pressione tale da essere liquida, e quindi non in superficie” spiega Galletta. In altre parole bisognerebbe cominciare a scavare o, perlomeno scandagliare il sottosuolo alla ricerca di riserve d’acqua sotterranea. Lo stanno già facendo (dall’alto!) i satelliti Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter rispettivamente con gli strumenti MARSIS e SHARAD due radar (entrambi sviluppati in Italia) in grado di indagare negli strati immediatamente sottostanti la superficie.
Guardando al futuro…
L’obiettivo primario è continuare a cercare in profondità e riuscire a trovare acqua liquida. Successivamente, una volta che queste zone saranno state individuate, si partirà da esse per andare alla ricerca di organismi viventi.
C’è tuttavia da tener presente il fatto che cercare la vita secondo parametri e caratteristiche che abbiamo imparato a riconoscere a partire dalle sole forme di vita terrestri, potrebbe essere un limite. “La scoperta di alcuni batteri che per adattamento sulla Terra, hanno incorporato l’arsenico nel loro DNA” conclude Galletta “fa pensare che ci si potrebbe trovar di fronte a forme di vita con una chimica diversa, mentre i nostri esperimenti, quelli che vengono preparati con cura e poi spediti su Marte, sono fatti esclusivamente per trovare forme di vita che rispondono al metabolismo di quelle terrestri.”
A dare manforte alla ricerca di vita sul pianeta rosso arriveranno nei prossimi anni nuove missioni fra cui Mars Science Laboratory, MAVEN e l’europea ExoMars: chissà se riusciranno a rispondere al grande quesito della vita su Marte.