È l’ammasso di galassie più lontano mai osservato. Dunque, il più antico. Un record. Ma non è solo un record. Per farci un’idea delle implicazioni della scoperta di Stefano Andreon e di Marc Huertas-Company (dell’INAF-Osservatorio astronomico di Brera il primo, dell’Osservatorio Astronomico di Parigi-Meudon il secondo), proviamo a pensare ai neonati. E a come, pian piano, iniziano a parlare. Cominciano a balbettare le prime parole entro l’anno. Verso i due già sanno comporre qualche frase, chi prima chi dopo. Ogni tanto ce ne sarà certo qualcuno che comincia prima di tutti gli altri, stabilendo un nuovo primato.
Ma supponiamo che un lattante, mettiamo un bambino di appena sei mesi, se ne salti fuori con un «mamma, fermiamoci qui, per oggi di latte mi sa che ne ho avuto abbastanza». Rimarremmo costernati. Non rappresenterebbe semplicemente l’abbattimento di un nuovo record: un bambino del genere implicherebbe ripensamenti radicali. Ci costringerebbe a rivedere da zero tutti i modelli a nostra disposizione di neurologia, di linguistica e di psicologia dell’età evolutiva. Com’è possibile che sappia formulare frasi complesse quando ancora dovrebbe essere a mala pena in grado di mettere insieme una semplice sillaba?
Ecco, l’ammasso di galassie JKCS041 è un po’ come la frase pronunciata da questo ipotetico bambino prodigio: sovverte i modelli evolutivi di formazione delle galassie. Non dovrebbe esistere, JKCS041. Per lo meno, non in quel punto lì dello spazio-tempo, quando l’universo era ancora in fasce. Non a caso, quando Andreon ha reso nota per la prima volta la precocità incredibile di quest’ammasso di galassie, nell’ottobre del 2009, c’è stato chi ha storto il naso, ipotizzando errori nella misura della sua distanza. Ma Andreon non si è lasciato intimidire, anzi. Insieme al collega Marc Huertas-Company, ha raffinato sempre più le sue osservazioni. E ora, grazie anche al confronto puntuale con IRC0218A, un ammasso di galassie dalle caratteristiche simili, seppur più recente, Andreon e Huertas-Company sono in grado di dimostrare che avevano ragione. I risultati della loro ricerca, pubblicati sul numero odierno di Astronomy & Astrophysics, non solo confermano la stima del 2009, ma spostano addirittura la lancetta del tempo più indietro di ulteriori centinaia di milioni di anni, collocando JKCS041 in un remoto z = 2.2: dove z sta per la misura del redshift, dunque della distanza, e quel 2.2 significa più o meno 10.6 miliardi di anni addietro.
Il metodo seguito da Andreon e Huertas-Company per la calcolare la distanza di JKCS041 si basa sulla misurazione del colore delle galassie che appartengono all’ammasso: più sono rosse, più sono distanti. «Paragonandolo al colore di IRC0218A, un altro ammasso estremamente distante, ma con una misura diretta di distanza, al redshift z = 1.62, risulta evidente che JKCS041 è enormemente più distante», spiega Andreon. E il ridotto margine d’errore della nuova misura lascia ben poco spazio a ulteriori dubbi.
L’analisi dei dati raccolti ha riservato una sorpresa: non solo l’ammasso è a una distanza da record, ma la sequenza galassie rosse, molto comuni negli amassi dell’universo locale, era già in bella evidenza in JKCS041 quando l’universo aveva solo 3 miliardi di anni. Eppure, sottolinea Andreon, «stando al paradigma standard di formazione delle galassie, queste galassie non dovrebbero nemmeno esistere, perché dovrebbero formarsi quando l’universo è ben più vecchio». Non solo: «La sequenza di galassie rosse», aggiunge Andreon, «è formata da galassie il cui ultimo episodio di formazione stellare è avvenuto nel loro lontano passato». Peccato che le galassie di JKCS041 non possano avere un “lontano passato”, visto che risalgono a quando l’universo aveva appena 3 miliardi di anni. Insomma, pare sia giunto il momento di iniziare a pensare come riscrivere le prime pagine della storia delle galassie.
In questa animazione con audio, il metodo usato per calcolare la distanza di JKCS041:
[flv:https://www.media.inaf.it/press/jkcs041/andreon-jkcs041.flv 686 386]
Ulteriori risorse disponibili in rete:
- L’articolo “Red sequence determination of the redshift of the cluster of galaxies JKCS 041: z ∼ 2:2“, pubblicato su Astronomy & Astrophysics
- Il press-kit INAF con animazioni e immagini in alta risoluzione
- L’approfondimento “Perché andare sempre più lontano” su Media INAF