34 anni, torinese d’origine, astronoma dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, Marta Burgay è una stella della ricerca italiana nel campo delle pulsar. Il suo nome è legato alla scoperta – messa a segno, nel 2003, durante il dottorato all’Università di Bologna – della prima e ancora oggi unica conosciuta coppia di stelle di neutroni ruotanti. Un sistema binario eccezionale che ha permesso di testare l’emissione delle onde gravitazionali e mettere a dura prova la teoria della relatività generale di Einstein (prova, per ora, superata).
A Marta Burgay, per il suo fondamentale contributo nello studio delle pulsar, va il premio “Brian G. Marsden” (recentemente scomparso) consegnatole a Mirandola nel convegno “Astronomia nel Castello dei Pico“.
“Sono felice, è un riconoscimento completamente inatteso”, dice Burgay. “È un onore ricevere un premio intitolato a Marsden, anche se riferito al mio campo d’indagine, le pulsar, lontano da quello dei pianeti minori del quale lui si è occupato”.
Nella ricerca sulle pulsar Marta è una campionessa a livello internazionale. Ha iniziato giovanissima a inseguire le “trottole del cielo”, stelle di piccole dimensioni, dense di mistri e incredibilmente compatte, che ruotano vorticosamente al ritmo di 100, 200, anche 1000 giri al secondo, ed emettono flash di onde radio e raggi gamma. “Per la tesi di dottorato, mi occupavo di svolgere una survey del cielo sud, con il radiotelescopio australiano di Parkes. Scandagliando zone di cielo inesplorate, ho scoperto l’esistenza di un sistema doppio di radiopulsar, finora unico nel suo genere”, racconta la ricercatrice. “Era un fenomeno di cui si cercava conferma dalla scoperta del primo sistema binario contenente una pulsar, che è valso il premio Nobel a Hulse e Taylor”.
L’oggetto celeste individuato da Marta è più estremo di quello per cui è andato assegnato il Nobel per la Fisica nel 2003. “Gli effetti relativisti sono amplificati e le velocità in gioco molto maggiori”, spiega Burgay. “La coppia di pulsar orbitanti, avvicinandosi, perde energia che viene emessa sotto forma delle elusive onde gravitazionali. Questo sistema ha fornito la prima prova che le increspature nello spazio-tempo sono collegabili a fenomeni estremamente energetici come questo. Inoltre la coppia di radiopulsar si è rivelata un laboratorio d’eccezione per effettuare misurazioni accurate della teoria della Relatività di Einstein e mettere alla prova teorie cosmologiche alternative”.
Da quel primo articolo apparso su Nature, che riportava la scoperta, Marta non ha più smesso di occuparsi di pulsar (decine gli articoli che ha pubblicato sull’oggetto celeste doppio). Ora si prepara a un salto di qualità: “A breve in Sardegna sarà operativo il radiotelescopio gigante SRT e non vediamo l’ora di iniziare a usarlo per ascoltare i misteri dell’Universo”.