A poterla guardare da lontano e avendo molti milioni di anni per farlo, la Via Lattea, la nostra Galassia, ci apparirebbe come una placida ed ordinata girandola luminosa, con tutte le sue stelle e gas in rotazione intorno al suo centro. Il Sole e noi con esso partecipiamo a questo moto, spostandoci con una velocità di circa 220 chilometri al secondo e completando un giro in circa 250 milioni di anni. A volte però questo ordine sembra vacillare in alcune regioni della Galassia: ci sono infatti gruppi di stelle che sembrano muoversi con velocità diverse e scorrelate da quelle degli astri circostanti. L’ultimo scoperto dagli astronomi e l’unico finora noto all’interno del disco della Galassia si trova in direzione della costellazione dell’Acquario, e per questo è stato ribattezzato il “gruppo dell’Acquario”. Questi oggetti celesti sono stati individuati nell’ambito del progetto RAVE (RAdial Velocity Eperiment) che, dal 2003, ha già analizzato per via spettroscopica, grazie al telescopio da 1,2 metri dell’Anglo Australian Observatory, i moti di quasi 500.000 stelle nella nostra Galassia, con l’ambizioso obiettivo di arrivare a un milione di stelle entro il 2012.
In pratica, sono state individuate almeno 15 stelle “eversive”, che si trovano a una distanza compresa tra 1.500 e 30.000 anni luce da noi e che si muovono tutte nella stessa direzione e la stessa velocità, assai diverse da quelle che costituiscono il loro vicinato cosmico. E non solo. Questi oggetti sono accomunati anche da altre caratteristiche, come la stessa abbondanza di elementi chimici e la stessa età. Tutti indizi che spingono gli astronomi a ritenere che in realtà queste stelle in passato appartenessero ad un’altra galassia, più piccola della Via Lattea, che sarebbe stata assorbita e disgregata dalla nostra. Insomma queste stelle porterebbero nel loro moto le ancestrali informazioni sulla loro provenienza da un altro luogo dell’Universo e, soprattutto, da un’altro ammasso stellare che oggi non c’è più.
“La grande accuratezza dei dati raccolti da RAVE è stata determinante per permetterci di scovare questo moto in una zona dove la densità di stelle è elevatissima” commenta Ulisse Munari, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova che con Alessandro Siviero ha partecipato allo studio internazionale recentemente pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal. “La nostra soddisfazione è ancora più grande perché questo risultato nasce dal fondamentale contributo italiano. Tutti gli spettri di ogni singola stella raccolti dal telescopio australiano sono stati infatti ridotti dal nostro team presso la stazione osservativa INAF di Asiago. Incessantemente, giorno dopo giorno, dal 2003.”