Il Sole sta diventando una tra le più promettenti fonti alternative ai combustibili fossili nella produzione di elettricità. Il merito di questa escalation è anche nella tecnologia che sta alla base dei sistemi che convertono la luce solare in corrente elettrica: la crescente domanda di questi impianti ha infatti spinto la ricerca del settore, aumentandone da un lato l’efficienza, cioè la quantità di radiazione effettivamente convertita in corrente, e dall’altro facendo diminuire i costi di produzione per tali apparati. Nonostante questi importanti progressi però, il rendimento ancora troppo basso è un limite alla diffusione e alla convenienza della produzione di elettricità grazie al Sole. Raramente infatti i pannelli solari oggi in commercio riescono a raggiungere un rendimento superiore al 15%. In pratica, se in un metro quadrato di pannelli solari arrivano 1000 watt di radiazione emessa dalla nostra stella, non più di 150 watt vengono effettivamente convertiti in energia elettrica.
Bisognerebbe quindi trovare delle soluzioni per ridurre queste perdite. Ed ecco entrare in campo l’esperienza di chi, per necessità professionale, ha davvero bisogno di ottenere il “massimo” da sorgenti stellari deboli e estremamente distanti: gli astronomi. Che hanno avuto la brillante idea di applicare le tecniche pensate per raccogliere quanta più luce possibile da sorgenti debolissime, come stelle e galassie remote, ai pannelli fotovoltaici aumentandone il rendimento. Fino a raddoppiarlo.
Come? Con uno specchio studiato ad hoc, per esempio, che concentra la luce proveniente dal Sole su un pannello fotovoltaico. La progettazione e realizzazione di concentratori economici a riflessione e a rifrazione è l’obiettivo di uno studio condotto dall’INAF di Cagliari in cui sono stati coinvolti anche ricercatori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari che coordinano il Laboratorio Fotovoltaico dell’agenzia regionale Sardegna Ricerche.
Per capire meglio cos’è e come funziona questa tecnologia abbiamo rivolto alcune domande a Tonino Pisanu, dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari dell’INAF, che ha guidato lo sviluppo del Solare a concentrazione.
Pisanu, cosa è il fotovoltaico a concentrazione?
Il fotovoltaico “classico” utilizza dei pannelli piani di silicio per convertire la radiazione solare ottica in energia elettrica. Nel caso dei pannelli fotovoltaici a concentrazione, l’elemento di conversione elettro-ottico rappresenta naturalmente la parte più importante del sistema ma ne occupa solo una minima area. La maggior parte della superficie infatti è occupata da un sistema ottico che ha il compito di raccogliere la radiazione solare e focalizzarla verso un’area di raccolta dove vengono posizionate le celle fotovoltaiche di conversione. In questo caso quindi non tutta l’area del pannello è fatta di silicio o di altri costosi materiali a semiconduttore, ma solo 1/500 e recentemente un 1/1000 dell’area totale occupata dal pannello è fatta di celle fotovoltaiche mentre il resto è costituito da molto economici sistemi ottici di concentrazione.
Quali sono i vantaggi del fotovoltaico a concentrazione rispetto al fotovoltaico tradizionale?
Il primo è che utilizzano meno materiale costoso per convertire la radiazione in energia elettrica. Il secondo è che utilizzano le celle cosiddette a multipla giunzione, in cui tutto lo spettro solare viene convertito in corrente elettrica e non solo una piccola parte come avviene ad esempio nel caso silicio. Naturalmente maggiore efficienza significa un migliore utilizzo del suolo.
Sembra l’“uovo di colombo” per sfruttare al meglio l’energia solare. Ma è davvero così semplice come sembra?
Non proprio in effetti. Il fotovoltaico a concentrazione presenta anche dei “contro” rispetto ai pannelli piani, in quanto essi funzionano solo con la radiazione diretta e quindi hanno bisogno per poter lavorare bene di rimanere sempre puntati in direzione del Sole. Necessitano quindi di essere montati su sistemi di movimentazione che seguono il moto apparente della nostra stella nel cielo. C’è inoltre un’altra delicata questione: lavorando con così elevati rapporti di concentrazione – si parla di radiazione concentrata equivalente a quella di 500-1000 soli – le celle vengono fortemente riscaldate. Un fenomeno che naturalmente ne riduce l’efficienza e la durata. I sistemi a concentrazione quindi non vogliono essere alternativi agli altri sistemi di produzione di energia rinnovabile, ma complementari e risultano più adatti a piccole centrali di produzione che non a una vera e propria produzione su scala domestica.
Può spiegarci come funziona il sistema di ottiche per concentratori fotovoltaici che avete realizzato?
I sistemi ottici a concentrazione maggiormente presenti e studiati nel fotovoltaico sono quelli basati sui sistemi a riflessione e a rifrazione. Il nostro gruppo di lavoro ha realizzato diversi prototipi, sia per riflessione che per rifrazione, che sono in fase di test in Sardegna presso il Laboratorio Fotovoltaico dell’agenzia regionale Sardegna Ricerche. Lo scopo del test è quello di capire quale di questi sistemi possa essere il più performante ed economico in termini di replicabilità, per poterlo proporre alla successiva fase di ingegnerizzazione. Nel caso di quelli a riflessione gli elementi ottici sono sostanzialmente dei piccoli telescopi costituiti da uno specchio più grande che raccoglie la luce e la focalizza generalmente verso un secondo specchio più piccolo che a sua volta le riflette verso la cella multi giunzione. In quelli a rifrazione, al posto degli specchi abbiamo invece delle lenti, fatte di materiale plastico trasparente e con spessori di pochi millimetri, quindi molto leggere.
Quali benefici concreti può portare questa nuova tecnologia?
La possibilità di avere sistemi di conversione della radiazione solare efficienti e performanti ha dei vantaggi notevoli per il risparmio nelle emissioni di CO2, per le aziende che vogliono investire in un settore che presenta delle enormi potenzialità di sviluppo nel breve medio termine.
Dopo gli incoraggianti risultati in laboratorio, nel futuro ci si può aspettare una diffusione di questi sistemi?
È fuori discussione che, specie in questo settore, le richieste più stringenti sono quelle di un elevato rapporto qualità prezzo se si vuole competere oggi con gli altri sistemi di produzione fotovoltaici e in futuro per renderle competitive e alternative ai sistemi di produzione di elettricità da fonti fossili. Il nostro contributo ha riguardato anche questo aspetto: i nostri sistemi devono essere molto performanti, ma siamo abituati a lavorare con budget ridotti. E riusciamo a conciliare questi due aspetti dando spazio alla ricerca e all’inventiva per risolvere i problemi con soluzioni economiche!
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