Provate a fotografare una moneta sul fondo di una piscina con l’acqua che ondeggia al suo interno, anche con gli obiettivi più potenti, e guardate il risultato. Riuscite a leggere la data in cui è stata coniata? Probabilmente no. Questo è un problema per molti aspetti analogo a quello che hanno oggi gli astronomi che utilizzano i più grandi e sofisticati telescopi presenti sulla Terra. Non che gli scienziati si divertano a studiare gli spiccioli con i loro strumenti. I loro obiettivi sono stelle, galassie e altri remotissimi oggetti celesti ai confini dell’Universo. Pur avendo però a disposizione macchine potenzialmente in grado di restituire immagini dettagliatissime, i risultati sono spesso ben al di sotto di quanto atteso. Colpa della nostra atmosfera che con la sua turbolenza degrada la qualità delle riprese astronomiche. Proprio come l’acqua in movimento in una piscina non fa vedere bene i dettagli di cosa c’è sul suo fondo.
Per superare questo limite, sono stati ideati dei sistemi ottici che compensano gli effetti negativi prodotti dalla turbolenza atmosferica nei telescopi, per restituire immagini dalla nitidezza senza paragoni. Uno di questi sistemi, tra i più avanzati ed efficaci al mondo, è stato recentemente installato e collaudato sul Large Binocular Telescope (LBT), il grande telescopio binoculare collocato in Arizona e a cui l’INAF ha partecipato alla costruzione e oggi gestisce il suo sfruttamento scientifico all’interno di un consorzio internazionale. Progettato dall’INAF-Osservatorio di Arcetri, FLAO (First Light Adapitve Optics) sin dai suoi primi collaudi, sotto la guida e responsabilità di Simone Esposito dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, ha dimostrato tutte le sue qualità, restituendo immagini addirittura più accurate di quelle prodotte dal telescopio spaziale Hubble. I due componenti principali di FLAO sono un innovativo sensore di fronte d’onda, che analizza e misura il disturbo introdotto dalla turbolenza atmosferica utilizzando una piramide di vetro al fuoco del telescopio e un particolarissimo specchio – detto adattivo – che deforma, fino a mille volte al secondo, la sua superficie per compensare il disturbo atmosferico, focalizzando al meglio la luce degli oggetti celesti e permettendo di ottenere immagini come in assenza di atmosfera.
Negli specchi adattivi progettati dall’INAF, la deformazione avviene grazie a centinaia di attuatori privi di contatto (magnete-bobina). Questa tecnologia, oltre a essere più robusta rispetto ai guasti, permette di rendere adattivi specchi di dimensioni ed escursione maggiori rispetto a quelli attualmente in uso. La soluzione ideale per i telescopi giganti del futuro.
“Il sistema di ottiche adattive FLAO è attualmente il più avanzato dispositivo in funzione per migliorare le immagini astronomiche prodotte dai telescopi terrestri”, dice con soddisfazione Armando Riccardi, dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, responsabile dello sviluppo degli specchi adattivi di LBT.
Ma cosa hanno di speciale questi specchi rispetto agli altri?
Intanto il numero di attuatori, ossia di punti dove viene applicata la deformazione, più elevato rispetto ai dispositivi attualmente utilizzati: ben 672. Questo vuol dire che la correzione ottenibile è la più spinta in assoluto, riuscendo così a rimuovere quasi totalmente gli effetti negativi prodotti sulle immagini dall’atmosfera.
E per LBT stiamo parlando di un solo “occhio” ad oggi dotato di FLAO.
Infatti. Quando avremo anche l’altro specchio corretto potremo combinare la luce raccolta dei due specchi in modalità interferometrica, migliorando ancora di più le immagini di altre tre volte rispetto a quelle già ottime che otteniamo oggi.
Può darci una stima di quanto migliorino le immagini ottenute con l’ottica adattiva rispetto a quelle senza?
Siamo in conclusione delle prove operative del FLAO al Large Binocular Telescope, guidate dal mio collega Simone Esposito, che è il PI del progetto. Dati alla mano posso dire che il livello di dettaglio viene migliorato di almeno 25 volte attivando l’ottica adattiva, con una capacità di concentrazione della luce di una stella dell’85% rispetto ai limiti teorici del telescopio in assenza di atmosfera, quando gli altri sistemi adattivi attualmente in uso all’astronomia non riescono a spingersi a più del 40-50% a parità di condizioni osservative.
Quello del FLAO è un successo tutto italiano che parte da lontano…
C’è un esperienza più che decennale qui ad Arcerti in questo ambito, da quando si partì dalla pionieristica proposta di Piero Salinari per studiare, progettare e quindi realizzare specchi deformabili con attuatori elettromagnetici per uso astronomico, con Simone Esposito, attuale guida del gruppo di Arcetri, per i sensori di fronte d’onda a piramide e tutti i giovani ricercatori del gruppo che sono il vero nostro punto di forza. Un’attività che nella sua fase di realizzazione ha visto la collaborazione di Società specializzate del nostro Paese, in particolare la Micorogate a la A.D.S. International, che grazie all’esperienza acquisita sono diventate dei punti di riferimento a livello mondiale nel settore degli specchi adattivi.
Un’esperienza, intellettuale e tecnologica, che potrà essere sfruttata anche nei nuovi ambiziosi telescopi di prossima generazione?
Assolutamente sì. Queste aziende hanno già vinto la gara per fornire uno specchio secondario adattivo, di dimensioni maggiori e con un numero di attuatori maggiori di quelli di LBT: questo specchio sarà installato a uno dei telescopi che compongono il Very Large Telescope. E sono in lizza, in collaborazione con gli Osservatori dell’INAF di Brera e di Arcetri, anche nelle gare per la costruzione di uno specchio adattivo gigante per l’European Extremely Large Telescope, che prevederà un numero di attuatori quasi nove volte maggiori di quelli per lo specchio secondario di LBT.
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