Quando nel giugno scorso la sonda giapponese Hayabusa, dopo sette anni in giro nello spazio, è rientrata a Terra, disintegrandosi, gli scienziati non erano affatto sicuri di poter dire “missione compiuta”. Il rischio di aver mancato l’obiettivo era alto. Lo scopo della missione dell’Agenzia spaziale nipponica (JAXA) era riportare a casa frammenti dell’asteroide Itokawa per poterlo esaminare. Uno studio che potrebbe rivelare nuovi particolari sull’origine del Sistema Solare, attraverso uno dei più antichi testimoni della sua formazione. Ma nel 2005, quando la sonda era ormai nelle vicinanze dell’asteroide, sul più bello si verificò un guasto nelle procedure di acquisizione dei campioni. Per questo, gli scienziati non avevano idea di cosa avrebbero trovato nella capsula della sonda (l’unico pezzo rimasto intatto nell’impatto, come previsto).
Quando l’hanno aperta per verificare se dentro vi fosse il bottino sperato, o solo aria, hanno constatato che Hayabusa era piena di polvere. Non bastava, però, per eliminare il dubbio che la polvere fosse effettivamente d’origine extraterrestre. Oggi, dopo cinque mesi di analisi, gli scienziati possono finalmente cantar vittoria. Hayabusa conteneva 1500 grani di polvere dell’asteroide Itokawa. Si tratta dei primi campioni di asteroide in assoluto finora pervenuti sulla Terra e del quarto tipo di materiale extraterrestre recuperato dallo spazio, dopo le rocce lunari, la polvere di cometa di Sturdust e le particelle del vento stellare della missione Genesis della NASA.
Il successo, annunciato con un comunicato della JAXA, ha galvanizzato la comunità scientifica. Il materiale portato a casa è di dimensioni molto piccole (probabilmente a causa del guasto di cui si accennava): granelli non più spessi di un capello, che presentano la firma di composti chimici diversi da quelli presenti sul nostro pianeta. In particolare, i ricercatori hanno rinvenuto olivina, pirosseni e plagioclasio, minerali abbastanza comuni anche sulla Terra ma con una composizione differente. E troilite, composto inesistente da noi, trovato anche in alcuni meteoriti. Siamo solo all’inizio degli studi, che ora proseguiranno con rinnovato interesse verso gli asteroidi. Tant’è che alla missione Hayabusa, costata oltre 200 milioni di dollari, farà presto seguito un’altra missione. Hayabusa-2 scalda già i motori.