Il terremoto e il successivo tsunami che hanno colpito il Giappone l’11 marzo scorso, provocando migliaia di morti e lasciando quasi mezzo milione di persone senza tetto, hanno seminato una scia di devastazione anche nei centri di ricerca scientifica. Infrastrutture danneggiate, strumentazioni distrutte, libri e documenti all’aria, provette, microscopi, macchinari, computer rovinati, esperimenti travolti dall’onda. Mentre nella centrale di Fukushima il paese fronteggia la peggior emergenza nucleare dopo Hiroshima e Nagasaki, la gente prova faticosamente a tornare a una parvenza di normalità. Negli uffici, nelle università e nei laboratori si contano i danni materiali (insignificanti rispetto a quelli umani). Con la consapevolezza che serviranno sforzi eccezionali per uscire dalla spaventosa voragine scavata dal disastro.
Il settore spaziale e astrofisico, nello specifico, è stato colpito duramente. A Tsukuba, situata a circa 50 chilometri da Tokyo, il sisma ha messo fuori uso il grande accelatore di particelle che serviva ad analizzare i campioni dell’asteroide Itokawa, recuperati tra mille peripezie dalla sonda Hayabusa e arrivati miracolosamente a Terra pochi mesi fa. Sembra che le minuscole particelle dell’asteoride si siano salvate anche stavolta, ma ci vorrà tempo perché gli scienziati possano studiarne i segreti. Il KEK, la High Energy Accelerator Research Organization, ha comunicato che l’acceleratore sarà riparato. Ma in questo momento le priorità sono ben altre. La città di Tsukuba, infatti, sta dando ospitalità ai profughi della prefettura di Fukushima, evacuati per le emissioni radioattive della centrale atomica, e le strutture del KEK sono destinate agli screening medici sulla popolazione esposta alla nube tossica.
A Tsukuba si trova anche il centro di controllo del laboratorio nipponico Kibo spedito sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), così come la base dei vettori dell’agenzia spaziale giapponese (JAXA) che provvedono ai rifornimenti per gli astronauti in orbita. Il centro sembra aver subito solo lievi danni ed è appena stato riaperto. Secondo il sito collectSPACE, molti dei membri del team si trovavano a Houston nel momento del terremoto, a preparare la prossima spedizione che a maggio vedrà l’astronauta Satoshi Furukawa alla guida della ISS.
Solo poche settimane prima del cataclisma, l’agenzia JAXA aveva annunciato che stava pianificando una seconda missione per Hayabusa, la cui prima avventurosa e vittoriosa spedizione aveva galvanizzato il popolo nipponico. Il lancio era stato orientativamente pianificato per il 2014, ma è facile prevedere che slitterà. È stato chiuso il Kakuda Space Center, il centro di sviluppo e test dei razzi spaziali, situato nella regione di Miyagi dove gli effetti del terremoto e dello tsunami sono stati più distruttivi. Non si sa se e quando riaprirà.
Così come, secondo quanto riportato da Nature, è stato spento il Japan Proton Accelerator Research Complex (J-PArc), sulla costa, nella prefettura di Ibaraki. Disastrata anche l’Università di Tohoku, nella città di Sendai, vicina all’epicentro del sisma. E non vedrà la luce, almeno per il momento, l’anello di collisione di particelle chiamato Super KEKB su cui il Giappone ha investito 100 milioni di dollari per far scontrare elettroni e positroni a energie superiori rispetto agli attuali acceleratori.
È difficile stabilire oggi le conseguenze del peggior terremoto nella storia del Giappone sulla sua economia e sul suo sviluppo. A maggior ragione su un settore così delicato come la ricerca scientifica e le missioni spaziali. Si può solo confidare nello spirito che ha reso grande il Giappone. Uno spirito indomito che ha permesso al paese di risollevarsi dalle bombe atomiche e che ha posato le basi della rinascita proprio sulla scienza e lo sviluppo tecnologico.