Calarsi nelle viscere della terra per vedere le stelle. Non è un paradosso: è così che ICARUS cattura quelle elusive particelle cosmiche a cui fu il “nostro” Enrico Fermi a dare il nome di “neutrini”. Siamo nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, l’unico laboratorio sotterraneo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), a due passi dalla galleria dell’autostrada Roma-L’Aquila-Teramo. Quaggiù, dentro una caverna scavata nella montagna, con 1400 metri di roccia sopra la testa, un gruppo internazionale di ricercatori guidati dal Premio Nobel Carlo Rubbia ha appena acceso ICARUS (Imaging Cosmic and Rare Underground Signals), un imponente rivelatore di 600 tonnellate, alto come un palazzo di tre piani, capace di afferrare gli inafferrabili messaggeri del cosmo. ”Un esperimento nato dalla curiosità, che segna un primato a livello mondiale per l’Italia”, ha detto Carlo Rubbia, presentando quella che è un po’ la sua creatura, sviluppata da un’idea balenatagli in testa nel 1977 e sviluppata dall’INFN in stretta collaborazione con aziende italiane e il CERN di Ginevra. Dagli acceleratori del CERN, infatti, vengono sparati fasci di neutrini artificiali (utili a studiare meglio i neutrini veri). In meno di due millisecondi, i neutrini percorrono 700 chilometri nella crosta terrestre (senza bisogno di tunnel), attraversano le Alpi, la pianura padana, gli Appennini e infine perforano il massiccio del Gran Sasso, dove la loro corsa si schianta dentro le vasche di argon liquido a -185 °C di ICARUS. E qui, iniziano le scintille.
“Siamo orgogliosi d’inaugurare questo apparato innovativo che apre nuove frontiere della fisica e della conoscenza. Come Galileo Galilei usò il cannocchiale per osservare i fotoni delle stelle, così noi usiamo sofisticate strumentazioni per rilevare quello che altrimenti non riusciremmo a vedere”, ha detto Lucia Votano, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso.
In effetti, i neutrini sono particelle dal carattere difficile. Abbondantissimi (“basti pensare – ha precisato Rubbia – che ogni secondo senza rendercene conto, siamo attraversati su ogni centimetro quadrato da ben 65 miliardi di neutrini solari, ad una velocità vicina a quella della luce”), presenti sin dall’origine dell’Universo (“nei primi tre minuti dopo il Big Bang sono stati generati tre miliardi di neutrini che ancora attraversano il cosmo”, aggiunge il Nobel), provenienti dalle sorgenti più disparate (naturali, come il Sole, le supernovae, stelle di neutroni, l’atmosfera, o artificiali, come reattori e acceleratori di particelle). Eppure, sono così “asociali” da non interagire quasi con la materia. Possono viaggiare per tutto il Sistema Solare senza “scambiare parola” con nessun’altra particella. Ecco perché, per distinguerli dai raggi cosmici che ci bombardano è necessario un filtro grande come una montagna: il Gran Sasso, per l’appunto. I neutrini sparati dal Cern o provenienti dallo spazio arrivano al rivelatore a decine di miliardi, ma solo 10 o 20 ogni giorno interagiscono con i nuclei di argon, producendo particelle che raccontano qualcosa sulla loro identità. “Sono messaggeri spaziali che possono dirci molto sull’altra faccia dell’Universo, ossia la materia oscura e l’energia oscura che costituiscono per ben il 95%, mentre la materia ordinaria corrisponde appena al 5%”, ha precisato Rubbia.
L’obiettivo principale di ICARUS è verificare un fenomeno di “metamorfosi” a cui queste particelle andrebbero soggette. Difficili di carattere, e per di più dalle personalità multiple. Spiega una delle giovani centinaia di ricercatrici e ricercatori che lavorano a ICARUS, Angela Fava: “In natura esistono tre tipi di neutrini: elettronico, muonico e tau. Come già ipotizzato dal fisico Bruno Pontecorvo alla fine degli anni Cinquanta, essi hanno la proprietà di trasformarsi l’uno nell’altro, ma il fenomeno è stato osservato solo una volta, lo scorso anno, dall’esperimento Opera, sempre ai Laboratori del Gran Sasso. ICARUS intende concentrarsi su questo fenomeno di “oscillazione” e vedere se e quanti dei neutrini muonici che partono dal Cern si trasforma per la strada in neutrino tau”.
Per far questo ICARUS scatta fotografie digitali in 3D, ad altissimo livello di precisione, dello scontro tra i neutrini e gli atomi di argon. Trovare il “tau” della fisica dei neutrini forse non cambierà la vita a molti di noi, ma potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dell’Universo, perché ci darebbe informazioni sperimentali sui neutrini e la loro massa e sull’enigma della massa mancante nel cosmo. Soddisfatto il presidente dell’INFN, Roberto Petronzio: “Da qui, potrà arrivare la risposta ad una delle maggiori sfide della fisica contemporanea”. Fermi sarebbe felice di sapere che sarà l’eccellenza italiana, l’eredità della sua scuola di Via Panisperna a Roma, a svelare i segreti delle particelle scoperte da Pauli nel 1930 che così tanto lo intrigavano.