Kepler, la sonda spaziale della NASA, ci ha finora “inondato” di una raffica senza precedenti di scoperte su pianeti al di fuori del Sistema solare. Stavolta però l’osservatorio spaziale sale alla ribalta per un altro importante risultato scientifico, tanto da meritare un articolo sulla rivista Nature. Gli “occhi” super sensibili di Kepler, progettati per individuare le minuscole variazioni di luminosità delle stelle quando davanti ad esse transita un pianeta nella loro orbita, sono riusciti a individuare le oscillazioni nell’intensità della luce di alcune centinaia di “giganti rosse” prodotte invece da veri e propri sismi che avvengono nel loro interno.
Le stelle osservate da Kepler sono molto luminose ma con una bassa temperatura superficiale e rappresentano uno degli stadi evolutivi stellari in cui si troverà anche il nostro Sole tra qualche miliardo di anni. E così come il Sole, sono pervase da vere e proprie onde sismiche, che viaggiano all’interno della stella. Come i terremoti sulla Terra ci portano informazioni su ciò che avviene sotto la crosta terrestre, così le oscillazioni nelle stelle ci svelano i segreti dell’interno di un astro, a cui altrimenti non avremmo mai accesso. Kepler, utilizzato in questo ambito come un “sismografo stellare”, è in grado di registrare queste onde che, espandendo e contraendo la struttura dei corpi celesti, producono le variazioni della luminosità misurate dai sensibilissimi strumenti di cui è equipaggiato. Questi veri e propri “stellamoti” hanno caratteristiche di durata e periodicità uniche, attraverso le quali è stato possibile risalire addirittura alla composizione dell’interno delle stelle e ai processi di produzione e trasporto di energia che avvengono in esse, distinguendo tra quelle che bruciano idrogeno da quelle che bruciano l’elio. Questa conoscenza ha permesso così di identificare in modo inequivocabile la loro vera “età”.
“Lo studio sismologico delle stelle, noto con il nome di Asterosismologia, rappresenta l’unico metodo per sondare direttamente l’interno di una stella misurando le piccole oscillazioni della Fotosfera” dice Maria Pia Di Mauro, dell’INAF-IASF di Roma, che insieme a Paolo Ventura, dell’Osservatorio Astronomico di Roma è uno degli autori dell’articolo su Nature. “Le oscillazioni, infatti, dipendono proprio dallo stato evolutivo e dalle caratteristiche strutturali della stella. Questo metodo, benché ben noto da anni, è stato limitatamente utilizzato per l’ impossibilità di riuscire ad identificare adeguatamente le piccole oscillazioni con i telescopi da Terra. Oggi, grazie alle osservazioni spaziali di Kepler, siamo in grado di comprendere meglio l’evoluzione stellare e a determinare età, massa e raggio delle stelle nella nostra Galassia e comprendere con maggiore precisione quello che sarà il destino del nostro Sole”.
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