Un gruppo di astronomi dell’Osservatorio di Armagh, nell’Irlanda del Nord ha scoperto che un asteroide, avvistato di recente, ha seguito la Terra nel suo moto attorno al Sole, per almeno 250.000 anni e potrebbe essere intimamente legato alle origini del nostro pianeta. Lo studio è apparso sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
L’asteroide ha catturato per la prima volta l’attenzione degli autori della ricerca – Apostolos ‘Tolis’ Christou e David Asher – due mesi dopo che era stato avvistato dal satellite infrarosso WISE, lanciato dalla NASA nel 2009. “La sua distanza media dal Sole è identica a quella della Terra”, ha detto Christou, “ma ciò che mi ha veramente impressionato, al momento, è stato notare quanto la sua orbita fosse simile a quella del nostro pianeta.
La maggior parte degli asteroidi vicini alla Terra (i cosiddetti NEA) si muovono su orbite molto eccentriche, a forma di uovo, che spingono l’asteroide verso il Sistema solare interno. Ma questo nuovo oggetto, battezzato SO16 2010, è diverso. La sua orbita è quasi circolare, e gli impedisce che possa avvicinarsi a qualsiasi altro pianeta. Tranne noi.
Il punto, per gli scienziati,era verificare quanto fosse stabile la sua orbita. Un lavoro che implica mesi o anni di monitoraggio. Per aggirare l’ostacolo, allora, i ricercatori hanno avuto una “furbata”. Hanno creato dei “cloni” di asteroide virtuali e li hanno piazzati in tutte le possibili orbite che avrebbero potuto occupare, simulando l’evoluzione della loro traiettoria sotto la forza di gravità del Sole e degli altri pianeti, per due milioni di anni, nel passato e nel futuro. Tutti i cloni si mantenevano nella cosiddetta orbita a ferro di cavallo. Si tratta di una configurazione particolare, in cui l’asteroide, a un osservatore sulla Terra, sembra muoversi lungo una linea a forma di ferro di cavallo. Per compiere il viaggio da una parte all’altra, SO16 impiega 175. In realtà, quindi, sebbene la sua orbita assomigli alla nostra, l’asteoride si tiene sempre ben lontano. “È terrafobico“, dice Tolis. Negli ultimi centinaia di migliaia di anni non si è mai avvicinato oltre una distanza di 50 volte la distanza Terra-Luna.
Attualmente, si conoscono altri tre compagni della Terra in orbita a ferro di cavallo. Ma questi, a differenza di SO16, indugiano in questa traiettoria solo per alcune migliaia di anni, poi si spostano su altre orbite. Inoltre, rispetto agli altri, SO16 è più grande, con un diametro stimato tra i 200 e i 400 metri, visibile di notte con un telescopio di medie dimensioni.
I ricercatori hanno provato ad analizzare la provenienza di questo oggetto. Arriva forse dalla fascia principale degli asteoridi, tra Marte e Giove? O è un frammento di Luna, che si è staccato ed è sfuggito al sistema gravitazionale Terra-Luna per posizionarsi su un’orbita indipendente? O piuttosto è un “evaso” della popolazione di oggetti vicini ai cosiddetti punti di equilibro, 60 gradi in avanti e 60 gradi indietro rispetto alla Terra? C’è bisogno di altri studi per scoprirlo. In particolare, sarebbe importante il colore di SO16. Il colore può tradirne l’origine. “Con questa informazione in mano, potremmo iniziare a testare scenari più solidi sulla sua origine. In futuro, si può pensare d’inviare una sonda su SO16 per studiarlo da vicino e magari riportarne a terra dei campioni per esami di laboratorio”, è l’auspicio degli autori.