Drizzate le orecchie, cacciatori di pianeti extrasolari. Perché da ora in poi, per cercare mondi lontani non basterà più tenere gli occhi ben aperti sul cosmo. Bisognerà girare le antenne, sintonizzarsi sulle loro frequente radio e alzare il “volume”. Secondo una ricerca dell’Università di Leicester, presentata nel corso del convegno della Royal Astronomical Society a Llandudno, in Galles, potenti radiotelescopi come LOFAR sono oggi in grado di percepire le emissioni radio delle aurore boreali provenienti da esopianeti simili a Giove o Saturno. Questi fenomeni, infatti, sprigionano onde elettromagnetiche che, come brusii, viaggiano nello spazio e possono giungere fino a noi, svelandoci in una sorta di passaparola cosmico da quali mondi arrivano.
La maggior parte dei pianeti finora scoperti è relativamente vicino alla stella madre. Meno di una cinquantina, il 10 per cento, orbitano a distanze superiori della distanza Giove-Sole. Questo perché il metodo per eccellenza per rilevare un esopianeta è quello del transito, la misura dell’impercettibile diminuzione della luminosità della stella nel momento in cui il pianeta ci passa di fronte. Così opera il telescopio Kepler, per esempio. L’altro sistema è quello dell’elastico gravitazionale, il debolissimo “tira e molla” tra il pianeta e la stella. Entrambe le tecniche si applicano bene quando il pianeta orbita vicino alla stella e si muove rapidamente. Ecco perché scoprire un mondo che orbita a grande distanza rimane una sfida aperta. A meno di non avere tempi lunghissimi a disposizione. Per esempio, Giove e Saturno impiegano rispettivamente 12 e 30 anni per orbitare intorno al Sole, bisognerebbe essere incredibilmente fortunati per intercettare il loro passaggio di fronte alla stella, e vedere la luce Sole affievolirsi, con un telescopio come Kepler.
Questo nuovo studio, accettato per la pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, per la prima volta valuta una terza via per cercare pianeti più lontani, come i nostri giganti gassosi: le emissioni radio associate alle aurore boreali, fenomeni spettacolari che non avvengono solo sulla Terra, ma anche altrove e sono generati dall’interazione tra le particelle ionizzate provenienti dal sole o dalle eruzioni vulcaniche dei satelliti intorno al pianeta, e la loro stessa atmosfera. “Potremmo così rilevare – stima il responsabile della ricerca, Jonathan Nichols, pianeti lontanissimi come Plutone.
Le emissioni radio di un esopianeta simile a Giove risentirebbero di molti fattori (la rotazione del pianeta, le fuoriuscite di plasma da una sua luna, la distanza orbitale, la luminosità ultravioletta della stella…). Dai calcoli risulta però che sarebbero abbastanza potenti da esser percepibili per pianeti compresi tra 1 e 50 unità astronomiche dalla loro stella, e fino a distanze di 150 anni luce dalla Terra.
Secondo Stelio Montebugnoli e Cristiano Cosmovici dell’INAF-Istituto di Radioastronomia di Bologna, le potenzialità di questa ricerca andrebbero anche oltre. Perché “sentendo” le onde radio non sono potremmo scoprire nuovi pianeti, ma anche recepire informazioni su quello che ospitano. “È possibile cercare a 22 GHz la linea maser dell’acqua e a 6,7 GHz quella del metanolo che sono molecole alla base dell’evoluzione prebiotica in molteplici esopianeti”. In altre parole, cercare precursori della vita. “Dal 1999 sono state fatte ricerche radio di acqua con i radiotelescopi di Medicina e Noto su 35 pianeti extrasolari usando sofisticati spettrometri veloci sviluppati proprio a Medicina”, proseguono gli esperti. “In cinque di questi i risultati si sono mostrati molto promettenti anche se i segnali sono molto deboli date le distanze di 10-20 anni luce. Prossimamnete si inizieranno le osservazioni del metanolo (alcol metilico)”.
Le potenzialità di LOFAR – una maxi rete di 25 mila piccole antenne (fino a due metri di diametro) collegate in fibra ottica e sparse su vari paesi europei – aumentano le chance di successo. Non ci resta che dirvi: stay tuned!