Si terrà a Palermo dal 3 al 6 maggio 2011 il 55esimo congresso nazionale della Società Astronomica Italiana (SAIt). Titolo del congresso: A 150 anni dall’Unità – Prospettive e sviluppo dell’astrofisica italiana nel prossimo decennio. Sede la Società Siciliana per la Storia Patria che ospita tra l’altro il Museo del Risorgimento. Oltre a far parte delle manifestazioni per la ricorrenza nazionale, il Congresso della SAIt si celebra a 140 anni dalla sua nascita come Società degli Spettroscopisti Italiani (1871), di cui Pietro Tacchini – a quel tempo astronomo presso l’Osservatorio Astronomico di Palermo – fu uno dei principali artefici. Un’ulteriore ricorrenza è quella legata al ricordo di Giuseppe Vaiana, ex direttore dell’Osservatorio, a venti anni dalla sua scomparsa.
Il Congresso di quest’anno avrà una forte connotazione scientifica. Molti degli interventi sono infatti volti a illustrare lo stato e i programmi della ricerca italiana in un contesto internazionale. Inoltre vi sarà spazio per le attività istituzionali della SAIt e una sessione verrà dedicata come di consueto alla didattica e alla divulgazione scientifica.
In occasione del congresso, dal 2 all’11 maggio, si svolgerà, presso Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea Regionale, la mostra Cosmo Segreto, organizzata dall’INAF-Osservatori di Roma e Palermo e l’Agenzia Spaziale Italia.
Abbiamo posto alcune domande a Roberto Buonanno, attuale presidente della SAIt, e a Salvatore Sciortino, direttore dell’INAF-OAPa.
Professore Buonanno, il senso e l’importanza della SAIt e del Congresso annuale sono cambiati molto nel tempo. Qual è il loro ruolo oggi?
Il ruolo della SAIt è molteplice. L’astrofisica, una “big science”, cioè una delle scienze che richiedono grandi investimenti, deve soddisfare alle richieste di conoscenza che provengono da un pubblico di non specialisti. C’è poi da far conoscere ai giovani che si accingono a iscriversi all’Università la bellezza dello studio delle Scienze Celesti, compito difficile in un periodo storico di crisi della conoscenza scientifica. In queste due esigenze la SAIt, formata da professionisti, da docenti universitari, da docenti di scuola media e da appassionati, trovo un ruolo naturale, come verifichiamo continuamente attraverso la quantità di richieste di conferenze e di domande che ci pervengono da tutto il Paese.
La SAIt ha sempre avuto due anime: i professionisti e i “cultori della materia” (insegnanti e astrofili in particolare). Riesce oggi la SAIt a mettere in comunicazione questi diversi soggetti o c’è qualche problema di dialogo ancora da superare?
Inutile nascondere che nel passato ci sono stati notevoli problemi di comunicazione. Il problema vero era che per i professionisti e gli astrofili la parola “astronomia” aveva due significati differenti: scientifico per i primi, estetico per i secondi. Si è così arrivati a una separazione di organizzazioni. Paradossalmente questo è stato positivo perché, liberati dall’esigenza di far prevalere un atteggiamento sull’altro, gli astronomi e gli astrofili si cominciano a parlare. Sono contento di citare che 15 giorni fa il Museo della Scienza di Livorno ha ospitato un congresso sull’inquinamento luminoso organizzato congiuntamente dalla Sezione di Livorno della SAIt e dalla sezione locale della UAI.
Altre nazioni europee hanno società simili alla SAIt. Come ci confrontiamo con loro sia in termini di ruolo interno per la ricerca e la divulgazione scientifica, sia in termini di collaborazioni internazionali?
La Società Astronomica Europea (EAS), ha chiesto alla SAIt di organizzare il JENAM 2012, il congresso scientifico di tutte le Società Astronomiche Europee. Si tratta di un appuntamento importante non solo perché la EAS raggruppa la Royal Astronomical Society britannica che pubblica il Monthly Notices of the RAS, e le consorelle società astronomiche francese, spagnola e tedesca (oltre alla SAIt, ovviamente) ma perché permette ai Paesi europei che ancora non aderiscono a ESO (si pensi ai paesi ex-Unione Sovietica) di avere uno spazio di discussione scientifica comune. Non a caso, il JENAM 2011 sarà ospitato a San Pietroburgo.
Direttore Sciortino, c’è stato un grande sforzo per fare del Congresso SAIt di quest’anno una opportunità di riflessione sullo stato e le prospettive della ricerca in Italia. In che modo questo 55esimo Congresso si differenzia da quelli passati?
Nel dare la disponibiltà ad ospitare e organizzare il congresso annuale della SAIt a Palermo abbiamo dovuto affrontare due “sfide”: la prima è stata quella di trovare una sede idonea pur operando in un regime di grande contenimento delle spese, la seconda è stata quella di provare a fare del congresso l’occasione per un’utile riflessione sullo stato e le prospettive della ricerca astrofisica in Italia. Questa e’ una esigenza che da un po’ di tempo avevo avvertito nella maggior parte dei colleghi con cui mi era capitato di discutere. Questa esigenza è stata condivisa dalla SAIt e ha portato ad un congresso più breve, ma le cui relazioni, tutte su invito, tendessero a dare un quadro di insieme con luci ed ombre dell’Astrofisica italiana in tutti i sui vari aspetti (programmi osservativi, sviluppi di infrastrutture, missioni spaziali, attività di formazione e divulgazione, etc.) facendo uno sforzo per inserirla nel più ampio contesto delle attività in essere e previste a medio termine a livello europeo.
L’INAF è in piena fase di ristrutturazione, con un nuovo Statuto, un prossimo rinnovo della dirigenza e dell’organizzazione delle strutture nazionali. L’INAF si deve anche confrontare oggi con carenze di risorse finanziarie che imporranno probabilmente delle scelte difficili sulle linee di sviluppo nei prossimi anni. In che modo la SAIt potrebbe aiutare questo processo?
Penso che la SAIt posse offrire, come nel caso del suo congresso annuale, un forum “terzo” nel quale alcune di queste difficili scelte, sopratutto quelle di natura scientifica, possano essere discusse e possa inoltre offrire uno spazio di fattiva e sinergica collaborazione nel campo delle attività di formazione e divulgazione. Gli aspetti più strettamente organizzativi posti dal nuovo Statuto di INAF è inevitabile che debbano essere affrontati e risolti all’interno dell’INAF stesso.
L’Osservatorio Astronomico di Palermo è storicamente una delle strutture più piccole dell’INAF, ma ha avuto nel tempo anche ruoli di grande rilievo nazionale e internazionale. La Società degli Spettroscopisti Italiani ha visto tra i promotori principali Pietro Tacchini, astronomo a Palermo.
L’Osservatorio Astronomico di Palermo è stato fondato oltre 200 anni fa. Nel corso di questa lunga storia ha alternato periodo di grande visibilità scientifica, basti pensare a Piazzi e a Tacchini, a periodo di mera sopravvivenza. Nel corso degli ultimi 25 anni è certamente tornato ad essere un centro di ricerca di rilievo internazionale, grazie alla determinazione e visione di Giuseppe S. Vaiana, che ne è stato il Direttore dal 1976 fino alla sua prematura scomparsa nel 1991, e all’impegno di tutti coloro, strutturati e non-strutturati, che in questi 25 anni hanno condotto e determinato le condizioni per svolgere attivita’ di ricerca alla frontiera della nostre conoscenze. Mantenere questo livello di eccellenza e’ di per se’ una sfida, e lo e’ ancora di piu’ oggi, in un contesto molto sfavorevole, in cui le risorse economiche, strumentali ed umane per poter condurre programmi di ricerca di avanguardia sono molto vicine alla soglia sotto la quale essi non sono piu’ realizzabili. Da una parte l’Osservatorio, direi meglio il personale che vi opera, è inserito in importanti programmi internazionali, dall’altra la partecipazione è sostenibile solo a patto di avere adeguate risorse. Onestamente, la situazione è molto preoccupante, anche se si tratta di una preoccupazione che non è specifica dell’Osservatorio Astronomico di Palermo, ma di tutta la ricerca astrofisica in Italia e, per certi aspetti, anche in un più ampio contesto internazionale.