LO STUDIO PUBBLICATO SU NATURE

Centrifughe stellari all’alba dell’Universo

Da dove vengono l’Ittrio e lo Stronzio, due elementi chimici rari, individuati nell’atmosfera di alcune stelle antichissime nel centro della nostra Galassia? La risposta viene da uno studio guidato da una ricercatrice dell’INAF: i due elementi chimici sono stati prodotti, nell’infanzia dell’Universo, da stelle massive che ruotavano a velocità elevatissime.

     27/04/2011

Simulazione dei processi di formazione delle prime stelle nell'Universo con elevate velocità di rotazione. (Crediti: A. Stacy, University of Texas)

Universo, qualche centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang: nelle distese di gas, composto quasi totalmente da idrogeno ed elio, cominciavano ad aggregarsi quei grumi di materia che avrebbero poi originato le prime stelle. Molte di queste dovevano essere assai massicce, alcune decine di volte più grandi del nostro Sole. La loro drammatica fine avrebbe poi “inquinato” lo spazio con elementi chimici più pesanti, che sarebbero stati inglobati nel gas delle successive generazioni di stelle. Uno scenario questo che però non riusciva a spiegare la presenza di due elementi chimici rari, l’Ittrio e lo stronzio, individuati grazie alle osservazioni del Very Large Telescope dell’ESO nell’atmosfera di alcune stelle molto antiche. Questi oggetti celesti si trovano nelle zone centrali della nostra Galassia, nell’ammasso denominato NGC 6522. Ittrio e stronzio, per quanto noto, vengono infatti prodotti da reazioni nucleari che avvengono in stelle di massa relativamente piccola. E che, avendo un ciclo evolutivo di molti miliardi di anni, non avrebbero potuto immettere nel cosmo questi elementi prima della presunta epoca di formazione di quelle stelle che, secondo stime piuttosto affidabili, brillerebbero da almeno 12 miliardi di anni.

E allora in quale “fucina” sono stati prodotti l’Ittrio e lo Stronzio? Per Cristina Chiappini, ricercatrice dell’INAF che ha guidato lo studio sulla composizione chimica delle stelle in NGC 6522, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature “la spiegazione che meglio si accorda con le osservazioni e a nostro parere molto elegante, è che le prime stelle massive dell’universo, grazie alla loro elevatissima velocità di rotazione, siano state in grado di generare quelle specie chimiche che abbiamo scoperto nell’ammasso stellare”. Velocità che, secondo le stime dei ricercatori, potevano arrivare fino a 800 chilometri al secondo. Valori anche otto volte maggiori di quelli che osserviamo oggi in stelle di massa analoga. E a rafforzare ulteriormente l’ipotesi della presenza nell’universo primordiale di stelle massicce in rapida rotazione arrivano anche recentissimi risultati ottenuti con simulazioni al calcolatore realizzate da un altro gruppo di ricerca.

Per saperne di più:

Leggi il comunicato stampa INAF