Se nelle galassie c’è polvere, lo dobbiamo alle supernovae. La conferma arriva da Herschel, il telescopio spaziale dell’ ESA (Agenzia Spaziale Europea), grazie alle sue osservazioni di SN1987A, una supernova esplosa nella Grande Nube di Magellano, piccola galassia satellite della nostra. La luce di quella lontana esplosione stellare, avvenuta a 160.000 anni luce di distanza, era arrivata sino a noi il 23 febbraio del 1987: le osservazioni e le misure compiute non avevano però permesso di stabilire quanta polvere fosse presente nella grande nube che si era formata dal gas espulso dall’esplosione.
Ora Herschel non solo ha confermato la presenza di polvere, ma ne ha anche stimato la quantità globale: messa assieme formerebbe circa 200.000 Terre. “Tutto questo è stato possibile perché rispetto ai precedenti telescopi Herschel ha una capacità superiore di rivelare la polvere e di valutarne la massa globale. Inoltre è avvantaggiato dal fatto di trovarsi nello spazio, dove non risente delle perturbazioni e dei disturbi dovuti all’atmosfera terrestre”, commenta Sergio Molinari dell’ INAF-IFSI di Roma, il cui gruppo ha partecipato alla realizzazione degli strumenti a bordo del telescopio.
La formazione di tutta questa polvere dal materiale espulso da una singola supernova sarebbe avvenuta in tempi molto rapidi, nel giro di poche decine di anni. “Il risultato è particolarmente importante per noi che ci occupiamo di astronomia galattica perché ci spinge a riesaminare i resti di supernovae conosciuti”, prosegue Molinari. “In questo modo possiamo migliorare le stime sulla quantità di polvere prodotta da un singolo evento esplosivo. Sapendo quante supernove esplodono in media, possiamo risalire alla quantità totale di polvere presente, un fattore determinante per valutare il tasso di formazione di nuove stelle in una galassia e quindi anche la sua futura evoluzione”.