Celle solari, dispositivi per computer, sensori e tanti, tantissimi materiali, a centinaia. Tutti ben ordinati e incasellati in un contenitore che a vederlo ricorda una tavolozza di colori per dipingere. O il gioco da tavolo Forza 4, se preferite. L’esperimento, fotografato nei giorni scorsi dagli astronauti della missione STS-135 durante una missione extraveicolare, si chiama Materials on International Space Station Experiment (MISSE), e quella in attività è la sua ottava versione (MISSE-8). L’idea alla base è molto semplice: lasciare esposti per anni, all’esterno della Stazione spaziale, piccoli campioni di vari materiali. E analizzare come reagiscono alle sollecitazioni dell’ambiente: le repentine variazioni di temperatura, dunque, ma anche l’esposizione diretta alla luce solare, ai raggi ultravioletti, ai raggi cosmici e ad altre condizioni difficilmente riproducibili sulla Terra, come per esempio l’esposizione all’ossigeno atomico, o monossigeno.
Ed è proprio dall’interazione fra i materiali e l’ossigeno atomico – ovvero singoli atomi d’ossigeno, uno stato presente in quantità significative solo al di sopra dei 100 chilometri – che MISSE ha dato fino a oggi le soddisfazioni maggiori e le ricadute tecnologiche più importanti. Se il test di centinaia di materiali (circa 700 con il solo MISSE-7, l’esperimento precedente) ha permesso di selezionare quelli più adatti per le future missioni spaziali, l’ossigeno atomico si è rivelato, a sorpresa, uno “smacchiatore” spettacolare per restituire allo splendore originale i colori di antichi dipinti. Non solo: poterne studiare nei dettagli il processo ossidativo sta aiutando i ricercatori a sviluppare nuovi materiali ignifughi, in grado di ritardare il diffondersi delle fiamme, e trattamenti efficaci contro la ruggine. Dall’analisi delle reazioni con i raggi UV, invece, arrivano risultati preziosi per mettere a punto rivestimenti plastici in grado di migliorare la coibentazione termica degli edifici.
MISSE-8 è montato in configurazione Zenit/Nadir, ovvero in modo da rivolgere le sue due facce l’una verso il nostro pianeta e l’altra verso il cielo, ed è alimentato direttamente dalla Stazione spaziale, alla quale si appoggia anche per i collegamenti radio da e verso Terra. Installato sulla ISS in due puntate (il modulo principale nel corso della STS-134, la penultima missione Shuttle, e l’Optical Reflector Materials Experiment pochi giorni fa), il suo rientro sulla Terra è previsto per il 2013.