Di solito le concedono col contagocce. Tre o quattro notti, non di più. E pure quando esagerano, ma devono essere proprio convinti che ne verrà fatto un ottimo uso, non superano mai le due o tre settimane. Perché anche una sola notte in uno dei quattro telescopi del VLT, le quattro suite più ambite dell’astronomia mondiale, basta a far la differenza: tale è la qualità di quelle gigantesche pupille tecnologiche – installate dall’ESO (lo European Southern Observatory) su Cerro Paranal, nelle Ande cilene – che ogni ora trascorsa a guardare il cielo con il Very Large Telescope può procurare, ai fortunati ospiti, dati sufficienti per uno o più paper sulle migliori riviste internazionali. Tutti ci vogliono andare, così anche per l’astronomia scattano le leggi di mercato: con una domanda che supera di gran lunga l’offerta disponibile, il “prezzo” sale – è il caso di dirlo – letteralmente alle stelle. E la valuta di scambio, per l’accesso ai migliori telescopi del mondo, è solo e soltanto quella della scienza: merito, credibilità e validità delle proposte.
Deve dunque essere una proposta straordinariamente valida, quella sottomessa all’ESO da una squadra di oltre 250 astronomi europei, 40 dei quali dell’INAF, guidati da Gerry Gilmore dell’Insitute of Astronomy di Cambridge e dall’italiana Sofia Randich, dell’INAF-Osservatorio astrofisico di Arcetri: il loro progetto ha polverizzato ogni precedente primato, ottenendo il diritto a ben 300 notti d’osservazione. «È un record assoluto», conferma Sofia Randich, «è la prima volta che l’OPC (l’Observing Program Committee, cioè il comitato di assegnazione tempo) dell’ESO concede sul VLT un numero di notti così alto. Tipicamente, un large program riesce a vedersi assegnate 15-20 notti. Qui stiamo parlando d’un ordine di grandezza in più».
Strumenti eccezionali per un telescopio da sogno
Per l’astronomia italiana, si tratta d’un grande successo e d’un’opportunità strepitosa: solo grazie al merito, le nostre ricercatrici e i nostri ricercatori avranno a disposizione per 300 notti, nell’arco dei prossimi 5 anni a partire dal 31 dicembre 2011, uno fra i migliori telescopi al mondo: l’unità 2 del VLT, Kueyen (“luna”, in lingua mapuche). «Il coinvolgimento INAF è molto significativo: oltre all’osservatorio di Arcetri, partecipano alla proposta gli osservatori di Bologna, Torino, Padova, Catania, Napoli e Palermo, nonché qualche istituto universitario: in totale, una quarantina di ricercatori INAF coinvolti», sottolinea Randich.
Durante le loro notti osservative, i nostri astronomi potranno avvalersi dello strumento FLAMES, installato sul telescopio stesso. A FLAMES sono associati due diversi spettrografi: GIRAFFE, in grado d’osservare 130 sorgenti in contemporanea, e UVES, che può ottenere “solo” 8 spettri per volta, ma a risoluzione elevatissima.
GAIA-ESO survey: l’identikit a sette dimensioni di 150mila stelle
Ma a che scopo questo grande dispiegamento di forze? E cos’è che ha convinto ESO a cedere, per un tempo così lungo, uno dei suoi gioielli più preziosi proprio al team di Randich e colleghi? Il loro progetto consiste in una sorta di super-censimento di un’ampia popolazione di stelle della nostra galassia: quello che si propongono di ottenere è l’identikit “a sette dimensioni” – posizioni, distanze, velocità, proprietà fisiche e chimiche – di circa 150mila sorgenti. «Osserveremo popolazioni d’ogni tipo», spiega Randich, «da quelle giovanissime, di appena qualche milione di anni, a quelle più antiche. Popolazioni a metallicità bassa e a metallicità più alta. Lo scopo è di misurare, dagli spettri, la velocità radiale (cioè la velocità con cui le stelle che osserveremo si avvicinano o allontanano da noi), determinarne le proprietà fisiche e, in particolare, la composizione chimica».
I dati ottenuti saranno resi pubblici – dunque liberamente accessibili a tutti gli astronomi – sull’archivio dell’ESO, e saranno complementari a quelli che raccoglierà dallo spazio il satellite GAIA, il telescopio per l’astrometria che l’Agenzia Spaziale Europea metterà in orbita nel 2013. «GAIA fornirà astrometria – ossia posizioni, moti propri e distanze molto precise – e fotometria per circa un miliardo di stelle, fino a magnitudine 20. Per una parte del campione, produrrà anche misure spettroscopiche, ma non altrettanto accurate quanto quelle astrometriche e fotometriche», osserva Randich. «Il nostro obiettivo è quindi di ottenere, per una parte del campione di stelle che verrà osservato da GAIA, spettroscopia e misure di velocità radiale molto più accurate. In questo modo, riusciremo a completare l’informazione su quello che si chiama “spazio delle fasi a 6 dimensioni”. Questo contribuirà a fornirci una conoscenza migliore di quelli che sono i processi di formazione ed evoluzione della nostra galassia».
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