Non c’è che dire, questa sembra proprio essere un’estate fortunata, per Herschel. A partire esattamente da inizio stagione, il 21 giugno scorso, l’osservatorio spaziale ESA ha trovato, nell’ordine: un anello nella Via Lattea, la polvere d’una supernova e la spiegazione a un mistero che ha tenuto gli astronomi in stallo per 14 anni: quello dell’acqua nell’alta atmosfera di Saturno. Questo per limitarci ai risultati più eclatanti. E oggi arriva un altro colpaccio, un tesoro al quale gli scienziati davano la caccia da tempo: l’ossigeno in forma molecolare, l’O2. Insomma, quello che respiriamo.
Di atomi d’ossigeno, in realtà, l’universo è pieno: è il terzo elemento più abbondante, dopo idrogeno ed elio. Ma nella configurazione più familiare ai nostri polmoni, ovvero due atomi d’ossigeno a braccetto a formare un’unica molecola, fino a oggi sembrava impossibile trovarne, lassù nello spazio profondo. Ci avevano provato la sonda NASA Submillimetre Wave Astronomy Satellite (SWAS) e il satellite svedese Odin, a stanarlo. Senza particolare successo, però: il loro risultato di maggior rilievo, quanto a molecole d’ossigeno, fu quello di stabilire che, se ce n’erano, erano decisamente meno del previsto.
Come se non bastasse, anche la quantità osservata di ossigeno atomico, quello non in forma molecolare, è di gran lunga inferiore a quanto ci si attende. Insomma, abbiamo un problema di contabilità: dove si nasconde tutto quell’ossigeno che dovrebbe esser presente nelle fredde nubi di gas della nostra galassia? Un’ipotesi è che gli atomi d’ossigeno rimangano bloccati nei minuscoli granelli di polvere che galleggiano nello spazio, per poi venir incapsulati nel ghiaccio, sottraendosi così alla vista. Se così fosse, in regioni del cosmo più calde il ghiaccio dovrebbe evaporare, permettendo all’ossigeno molecolare di formarsi e dunque di essere visto.
È ciò che ha voluto verificare un team internazionale guidato da Paul Goldsmith, il project scientist di Herschel al Jet Propulsion Laboratory della NASA. Per farlo, gli scienziati hanno puntato HIFI, lo spettromentro sensibile al lontano infrarosso a bordo di Herschel, verso la nebulosa di Orione, la cui intensa attività di formazione stellare dovrebbe scaldare il gas e le polveri circostanti. Intuizione vincente: Herschel ha rilevato la presenza di una molecola d’ossigeno per ogni milione di molecole d’idrogeno.
Certo, non si rischia l’iperventilazione, a simili dosi omeopatiche. Come riconosce lo stesso Goldsmith, «questa scoperta spiega dove potrebbe nascondersi una parte dell’ossigeno, ma le quantità che abbiamo rilevato sono ridotte, e ancora non abbiamo compreso cosa ci sia di così speciale nelle zone del ritrovamento. L’Universo ha ancora molti segreti». Ma come ha sottolineato il project scientist ESA di Herschel Göran Pilbratt, il risultato – in uscita su The Astrophysical Journal – segna comunque una svolta, perché «ora abbiamo una conferma indiscutibile che, là fuori, l’ossigeno molecolare c’è».
Per saperne di più:
- La press release ESA
- La pagina web della partecipazione italiana al progetto Herschel sul sito dell’INAF-IFSI Roma