I brillamenti solari fenomeni attraverso i quali il nostro Sole sfoggia una notevole energia, energia che finora, stando ai nuovi risultati ottenuti dalla sonda Solar Dynamics Observatory (SDO), della NASA, avremmo addirittura sottovalutato.
Queste intense e violente emissioni di radiazione sono conseguenza del rilascio di energia magnetica in corrispondenza delle macchie solari: appaiono sulla superficie del Sole come zone più chiare, sono gli eventi più energetici del Sistema solare e ci riguardano da vicino perché raggiungono la nostra atmosfera. Possono quindi disturbare o danneggiare la nostra strumentazione in orbita, arrivando anche a provocare notevoli problemi ai sistemi di comunicazione.
Per essere in grado di far fronte a questo rischio, è estremamente importante conoscere meglio questi fenomeni e, possibilmente, riuscire a prevederli: in questo senso il lavoro di sonde come SDO è fondamentale. Ed è proprio grazie a uno dei suoi strumenti di bordo, Extreme ultraviolet Variability Experiment (EVE), che è si è capito che l’energia sprigionata dai brillamenti è molto più intensa di quanto si era stimato. Non solo, quando si verificano, l’emissione di radiazione non si esaurisce nel giro di alcuni minuti, come suggerivano le precedenti osservazioni, ma può continuare anche alcune ore. “Inserire questi nuovi risultati nei modelli che usiamo per descrivere i brillamenti” commenta Tom Woods, che ha diretto la realizzazione di EVE “ci permetterebbe di fare previsioni più attendibili sia sul loro verificarsi sia sulle possibili conseguenze per la nostra tecnologia orbitante”.
Grazie ad EVE è stato possibile guardare ai brillamenti con “occhi nuovi” sensibili alla radiazione ultravioletta, mentre per decenni ci si era sempre concentrati principalmente sulla loro radiazione X sottostimandone, di conseguenza, l’intensità e la durata. I risultati di EVE sono stati pubblicati sulla rivista Astrophysical Journal.