Una semplice occhiata non basta per cogliere e interpretare i dettagli. Lo dimostra la strategia osservativa dello strumento VIR (Visible and Infrared Mapping Spectrometer), a bordo della sonda DAWN, grazie al quale i particolari che ci interessano, quelli della superficie dell’asteroide Vesta, è come se li osservassimo tre volte e con tre occhi diversi.
Lo scorso 15 agosto, da una distanza di 2770 km dal grande asteroide della Fascia principale, VIR ha realizzato tre immagini di una stessa area, nei pressi del polo sud. Una nella banda del visibile e vicino infrarosso, una nell’infrarosso termico e una in falsi colori: ciascuna mette in risalto alcune caratteristiche specifiche, ma le conclusioni più interessanti si ottengono facendo i confronti. Come è già successo per un altro terzetto di immagini ottenute dallo strumento, anche in questo caso è stato possibile far luce sulla natura di un cratere (visibile, nella porzione inferiore desta delle immagini, sul bordo della scarpata). Nella prima immagine il cratere si mostra chiaro: per via della sua composizione o perché è più esposto alla luce? La seconda immagine, nella quale a zone chiare corrispondono temperature più elevate e viceversa, permette di scartare la seconda ipotesi: se il cratere fosse maggiormente illuminato, e quindi più caldo rispetto alla zona circostante, apparirebbe più chiaro, mentre invece risulta scuro. L’ipotesi che a differenziarlo sia la sua diversa composizione, viene avvalorata dalla terza immagine. I falsi colori esaltano la presenza di materiali diversi e in questo caso il giallo e il verde risaltano su un fondo rosso. Si può quindi dedurre che il cratere sia frutto di un impatto relativamente recente, che avrebbe portato in superficie materiale diverso rispetto a quello circostante.
Questa scoperta evidenzia ancora una volta la sorprendente varietà geologica di Vesta, come sottolinea Maria Cristina de Sanctis ricercatrice all’INAF-IASF Roma e deputy team leader di VIR-MS: “Io quasi non lo chiamerei asteroide. È più un piccolo pianeta, soprattutto se lo si confronta con gli asteroidi visitati finora dalle missioni spaziali. La sua ricchezza geologica è del tutto inaspettata: anche l’asteroide più grande visitato finora (Lutetia, avvicinato dalla sonda Rosetta) è estremamente uniforme, craterizzato ma uniforme, non presenta cioè una varietà geologica così elevata. Su Vesta invece ci sono crinali, fratture, crateri di tutte le dimensioni, materiale chiaro e scuro esposto in superficie. È obiettivamente un oggetto equivalente a un piccolo pianeta proprio per questa sua varietà.”
I risultati di DAWN, tuttavia, non si limitano fornirci una visione estremamente particolareggiata di Vesta. Hanno implicazioni di portata molto maggiore.
“Grazie ai risultati di DAWN” continua de Sanctis “cambiano le prospettive di questo tipo di studi: porteranno a dei vincoli molto forti sui modelli di evoluzione del Sistema solare e della Fascia principale degli asteroidi. Tutta una serie di modelli di popolazione della Fascia potranno essere testati a partire dalla cronologia che potremo estrapolare grazie alla studio della craterizzazione di Vesta.”
E se potremo farlo, il merito sarà in gran parte proprio del lavoro di VIR che, finanziato dall’ Agenzia Spaziale Italiana e realizzato alla Selex Galileo, è stato costruito con la guida scientifica dell’INAF (IASF e IFSI di Roma): un motivo di orgoglio in più per una missione che studia l’origine, l’alba, del nostro Sistema.