Con la sua taglia monstre, 155 x 125 x 8 km, qui sulla Terra sbaraglierebbe ogni concorrente. Su Marte, invece, dove vulcani con dimensioni ben maggiori non mancano, Tharsis Tholus rischierebbe di passare inosservato. Se non fosse per l’aspetto: a renderlo unico è infatti la quantità di ferite che una storia lunga quattro miliardi di anni ha inferto alla sua conformazione.
Una sequenza di eventi geologicamente drammatici, che ora è in parte possibile ricostruire grazie alle recenti immagini raccolte dalla High-Resolution Stereo Camera (HRSC), a bordo della sonda ESA Mars Express. Immagini ad altissima risoluzione (circa 14 metri per pixel) nelle quali si evidenzia, per esempio, come almeno due enormi sezioni, l’una lungo il fianco orientale l’altra su quello occidentale del vulcano, siano collassate. I segni della catastrofe permangono tutt’ora sotto forma di scarpate profonde diversi chilometri.
Per non parlare di quello che è uno fra i tratti più caratteristici di Tharsis Tholus: la caldera centrale, di circa 32 x 34 km, dal contorno quasi perfettamente circolare. Come mostrano le immagini, la sua superficie è circondata da faglie, che hanno consentito al fondo della caldera stessa di sprofondare per ben 2.7 km. L’ipotesi degli scienziati è che il tetto della camera magmatica, venendo a mancare a causa d’un’eruzione la lava che riempiva la camera stessa, non sia più stato in grado di sostenere il proprio peso. La formazione della grande caldera sarebbe dovuta proprio al crollo che ne seguì.
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