Era il 2008 quando dal satellite russo-europeo PAMELA giunse un risultato inatteso: nei raggi cosmici è presente un eccesso di particelle di antimateria opposte agli elettroni, i positroni. La scoperta sembrava aprire nuove possibilità nella ricerca della natura della materia oscura. Ora un nuovo studio conferma il risultato ma nello stesso tempo rimette in discussione proprio le teorie alimentate da quei dati. Una contraddizione che merita di essere approfondita.
Prima però è necessario descrivere i protagonisti di questo strano caso. Iniziando dai raggi cosmici: a dispetto del nome, sono in realtà flussi di particelle altamente energetiche e, per lo più, dotate di carica. Provengono dallo spazio profondo, e la loro analisi può darci molte informazioni sulla cosiddetta materia oscura, perché possono aver interagito con tale materia e portarne con sé i “segni”. Da tali segni si potrebbe risalire alla natura della materia oscura: sappiamo che è presente nello spazio tra le galassie per via della sua influenza gravitazionale sulla materia “visibile”, su quella materia cioè che riusciamo a vedere o comunque a identificare, ma non sappiamo in modo certo da cosa possa essere costituita. E non mancano ipotesi estreme, improbabili ma non impossibili, che ne mettono in discussione l’esistenza. Per questo i dati ottenuti da PAMELA erano estremamente importanti.
Dati che ora un nuovo studio in pubblicazione su Physical Review Letters conferma attraverso ulteriori misure ottenute con il satellite ai raggi gamma Fermi. Il satellite è in realtà in grado di ricevere particelle neutre, e non possiede uno strumento per separare particelle cariche, come quelle che si trovano nei raggi cosmici. Tuttavia, i ricercatori sono riusciti a ideare un metodo che sfrutta un magnete naturale molto vicino a Fermi: la Terra. Il suo campo magnetico devia la traiettoria delle particelle cariche. Calcolando con precisione la deviazione, è stato possibile utilizzare Fermi per risalire a una stima della quantità e tipologia delle particelle presenti nei raggi cosmici.
La conclusione, ottenuta dai ricercatori in collaborazione con il Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology della Stanford University, conferma che nei raggi cosmici sono presenti i positroni, che sembrano crescere in quantità man mano che si passa a energie maggiori. In altri termini, più sono energetici i raggi cosmici, più positroni sono presenti. Questo coincide con le previsioni di alcune teorie tra le tante formulate sulla materia oscura, indicandole di fatto come più probabili rispetto alle altre.
Purtroppo le buone notizie si fermano qui. Quelle stesse teorie prevedono che, oltre un certo livello di energia, il segnale emesso dai positroni cali drasticamente. Un calo che però non è stato misurato. Qualcosa non torna. E poiché le misure sembrano attendibili, non resta che ipotizzare che proprio quelle teorie non siano del tutto valide.
Questo non esclude la validità di altre ipotesi, già da tempo ritenute attendibili e supportate da risultati. Piuttosto, complica il percorso di quei modelli teorici che con PAMELA sembravano aver trovato la strada per primeggiare sugli altri, e che ora si ritrovano a dover tornare indietro per iniziare un nuovo cammino.