Concepito come uno strumento dedicato allo studio dei lampi gamma (GRB), SWIFT ospita tre strumenti, un rivelatore gamma a largo campo (BAT per Burst Alert Telescope), che deve scoprire e localizzare le sorgenti variabili, e poi due telescopi (XRT per i raggi X e UVOT per l’ottico e ultravioletto) a campo molto più stretto, che vengono automaticamente ripuntati verso le sorgenti potenzialmente interessanti.
La filosofia dello strumento è nata sulla scia del successo dell’approccio multi-lunghezza d’onda di BeppoSAX e la strumentazione di bordo è il frutto di una intensa collaborazione tra gli Stati Uniti, l’Italia e l’Inghilterra. La NASA ha fornito il telescopio Gamma, l’Italia ha fornito gli specchi del telescopio X mentre i rivelatori sono inglesi, il telescopio ottico è frutto di una collaborazione anglo-americana.
Lanciato il 24 novembre 2004, SWIFT continua a svolgere in modo egregio la sua funzione di cacciatore di lampi gamma. Sono oltre 600 i lampi rivelati e seguiti nel corso di sette anni di attività. I contributi più importanti si sono avuti nello studio dei lampi brevi, mai localizzati prima di SWIFT, nella comprensione del legame tra Supernovae e lampi gamma e nella caccia ai lampi lontanissimi, quelli con redshift spaventosi, oltre z=8-9. Non sono facili da scovare perché il lungo cammino diluisce il segnale e la durata si allunga. Invece di una brusca impennata nel numero di conteggi, relativamente facile da rivelare, c’è una dolce crescita che potrebbe anche passare inosservata. È stato necessario imparare a riconoscere anche questi lampi diluiti, focalizzandosi poi su quelli che non sembravano avere nessuna controparte nell’ottico ma solo un segnale nell’infrarosso, prova che l’emissione aveva subito un pesante spostamento verso il rosso. La caccia ai lampi ad alto redshift implica sempre l’utilizzo di grandi telescopi a terra, necessari per cercare controparti debolissime. Pur nella difficoltà di gestione di grandi gruppi internazionali, la caccia è stata così fruttuosa che ora sono proprio i lampi gamma a detenere il record degli oggetti celesti più lontani rivelati direttamente, battendo galassie e Quasar. Con due lampi rivelati a redshift oltre 8 ed uno possibilmente oltre 9 siamo a poche centinaia di milioni di anni dal Big Bang.
Per il pubblico interessato allo studio di queste incredibili esplosioni è ora disponibile una APP per iPhone, iPad e iPod. La si trova nello APP store digitando Nasa Swift. Oltre a mostrare la posizione attuale del satellite (che si muove in tempo reale), la APP dice dove sta puntando il satellite e fornisce una lista degli ultimi 30 GRB rivelati, dando per ognuno le informazioni gamma, X e ottiche.
Ovviamente, viene inviata un’allerta ad ogni nuovo lampo che può essere seguito man mano che vengono scaricati i dati (le allerte arrivano attraverso la rete dei TDRSS mentre i dati vengono scaricati una volta per orbita quando il satellite passa in vista della stazione italiana di Malindi, in Kenia, uno dei contributi dall’ASI alla missione) . Questo permette ai cacciatori di lampi gamma in ottico e infrarosso di pianificare meglio le loro osservazioni. La APP contiene anche una galleria di immagini tra le più significative ottenute dai telescopi X e ottici di SWIFT e presto verranno aggiunti i filmati e i comunicati stampa.
I risultati straordinari sui lampi gamma sono solo l’antipasto del ricchissimo bottino di SWIFT.
Ogni tipo di sorgente transiente ha ricevuto la sua frazione di attenzione, dagli asteroidi e comete fino alle galassie attive più lontane, passando per magnetars, sorgenti binarie, novae, supernovae fino ad arrivare al recente evento di distruzione di una stella da parte di un buco nero al centro di una galassia che è andato anche sul New York Times.
Nulla sfugge a Swift che è sempre pronto a ripuntarsi in automatico. A volte le sorgenti sono vecchie conoscenze ma molto spesso sono assolute novità.
Sono tanti e tali i possibili utilizzi di SWIFT che ora la caccia ai GRB non è più il compito che assorbe la maggior parte del tempo di osservazione del satellite. Questo non significa affatto che i lampi vengano trascurati. Semplicemente non si continua l’osservazione ad oltranza, fino a quando l’emissione X svanisce del tutto. L’affievolimento finale non ha portato nessuna informazione importante. Quello che conta succede nelle prime ore dopo il lampo. Solo lampi con caratteristiche peculiari, oppure quelli straordinariamente brillanti, vengono osservati a lungo. Il tempo di osservazione che viene così liberato è dedicato all’osservazione di centinaia di sorgenti celesti molto spesso in collaborazione con altri satelliti. Tutte le sorgenti non identificate di Fermi, per esempio, sono o saranno osservate da SWIFT.
Nel caso dell’identificazione delle sorgenti di Fermi lo strumento più importante è il telescopio X perché quello che più interessa è localizzare una possibile controparte della sorgente gamma. Per chi studia le supernovae, invece, lo strumento più importante è il telescopio ottico ultravioletto (l’unico in orbita in questo momento oltre al glorioso Hubble Space Telescope). Grazie alle osservazioni di SWIFT abbiamo una straordinaria copertura delle curve di luce di decine di supernovae.
Anche qui i colpi di fortuna non mancano. Il 9 gennaio 2008 mentre Swift osservava la galassia NGC 2770, dove il 31 dicembre 2007 era appena stata rivelata una supernova, lo strumento X ha visto per dieci minuti una sorgente di radiazione molto intensa.
Solo più tardi si è capito che era stato colto il primo flash X corrispondente all’esplosione di una diversa supernova esplosa nella stessa galassia a meno di una settimana dalla precedente. Un risultato spettacolare su un fenomeno previsto, ma mai osservato.
Ma le sorprese non finiscono qui. Il 28 marzo di quest’anno Swift ha colto quello che, a prima vista, sembrava un lampo gamma come molti altri (GRB 110328A), ma che, a differenza di tutti gli altri, non aveva nessuna voglia di spegnersi. Pur tra alti e bassi la sorgente SWIFT J1644+57 (usiamo le coordinate celesti e non la data perché non si tratta di un lampo gamma), localizzata al centro della sua galassia, è rimasta attiva per diversi mesi. Le caratteristiche dell’emissione e la localizzazione hanno fatto propendere per una spiegazione quasi da fantascienza: la distruzione di una stella che è passata troppo vicino ad un buco nero supermassivo al centro della sua galassia. Si era ipotizzato che potesse succedere, ma SWIFT è stato il primo a vedere un fenomeno così peculiare.
In effetti la studio delle sorgenti variabili offre grandi opportunità perché le probabilità di scoperta crescono linearmente con il tempo di osservazione. Più tempo osserviamo più sarà probabile trovare qualche cosa.
Prova ne sia la scoperta del GRB del giorno di Natale dell’anno scorso, un evento assai peculiare che viene spiegato o da una collisione tra una stella di neutroni ed un asteroide o cometa nella nostra Galassia o da un’esplosione di supernova assai anomala in un’altra galassia.
Nel campo delle sorgenti non variabili l’avanzamento è più lento. I progressi crescono con la radice quadrata del tempo di osservazione. È la crescita lenta ma sicura delle sorgenti rivelate dal telescopio BAT che ogni giorno copre “superficialmente” gran parte del cielo. Sommando giorno dopo giorno i dati raccolti è stato compilato un importante catalogo delle sorgenti (variabili e non) viste dallo strumento. E’ una importante mappa di riferimento che contiene le brillanti sorgenti nella nostra Galassia e nuclei galattici attivi rivelati fino a z=4. Hanno tutti buchi neri supermassivi al loro centro ma molti sembrano essere dei sistemi di galassie in interazione gravitazionale.
A conti fatti, guardando il programma e le presentazioni dell’incontro svoltosi a Milano gli scorsi 24 e 25 novembre per festeggiare il settimo anniversario del lancio di Swift, e fare il punto sulle molteplici attività che sfruttano le capacità di di SWIFT e del suo ripuntamento rapido, possiamo dire che la comunità astrofisica italiana è attiva in tutti i campi coperti da SWIFT con l’unica eccezione degli studi del sistema solare. Il tempo dedicato alle diverse problematiche astrofisiche è straordinariamente vicino alla distribuzione del tempo di osservazione di SWIFT. Segno che la comunità italiana è stata pronta a cogliere tutte le occasioni che Swift ci ha fornito.
Non resta che augurarsi che SWIFT, che non sembra accusare alcun problema di invecchiamento, continui ad operare ancora per molto tempo perché il suo spazio di scoperta è sconfinato.
Per saperne di più:
- Ascolta l’intervista sui successi scientifici di Swift a Gianpiero Tagliaferri, responsabile scientifico del team italiano nella missione.