Come enormi trottole le stelle di neutroni – quel che resta delle stelle di grande massa dopo che sono esplose come supernovae – ruotano assai velocemente attorno al proprio asse, compiendo fino a mille giri ogni secondo. In questo loro vorticoso movimento, emettono un potente fascio di onde radio che, se diretto verso la Terra, ci appare come un segnale pulsato. Queste ‘millisecond pulsar’ sopravvivono tra i 50 e i 100 milioni di anni prima di esaurire la loro energia.
Se però attorno alla pulsar ruota un’altra stella la situazione diventa più complessa. Quando l’astro compagno infatti esaurisce l’idrogeno, ovvero il combustibile principale che alimenta le reazioni nucleari nel suo nucleo, inizia ad espandersi, consentendo alla stella di neutroni di strappare materiale dal suo inviluppo più esterno. L’impatto di questo materiale nelle regioni polari della pulsar, convogliato dall’intenso campo magnetico del corpo celeste, provoca l’emissione di raggi X. Tuttavia anche queste sorgenti di raggi X sono inesorabilmente destinate a ‘spegnersi’, rallentando la loro rotazione e tornando ad essere delle ‘normali’ pulsar radio. Questa transizione accade quando la stella compagna è stata totalmente depredata del suo guscio più esterno e dunque non può più alimentare il processo di produzione dei raggi X.
Cosa accade durante le fasi del passaggio di una pulsar dalla sua fase di sorgente di raggi X a quella più tranquilla di emettitore di onde radio però non era ancora ben chiaro. A darne un’interpretazione convincete arriva ora uno studio teorico condotto da Thomas Tauris (Università di Bonn e del Max Planck Insitute) pubblicato nell’ultimo numero della rivista Science. Il lavoro dimostra che, non appena il flusso di plasma proveniente dalla stella compagna tende ad esaurirsi, il campo magnetico della pulsar si espande verso l’esterno fino a circa 100 km, ovvero circa 10 volte il suo raggio. “La magnetosfera si comporta come il lungo braccio di una leva, amplificando gli effetti degli ultimi fiotti di plasma” spiega Tauris. Ciò significa che le interazioni tra il campo magnetico e il plasma in queste condizioni diventano molto più intense. Il campo magnetico può addirittura spazzare via parte della materia che sta precipitando sulla pulsar e questo tipo di interazione può arrivare a dimezzare l’energia di rotazione della stella di neutroni.
Il meccanismo proposto da Tauris getta inoltre nuova luce anche sulla questione dell’età delle millisecond pulsar, che sembrano apparire molto più antiche delle loro stelle compagne. Di queste ultime infatti, una volta perso il guscio esterno di gas, rimane solo il nucleo estremamente caldo che si raffredda con il passare del tempo. Proprio la misura della temperatura di questi oggetti consente di risalire alla loro età. L’età delle pulsar invece viene dedotta dalla misura della diminuzione della loro rotazione. Che però raggiunge valori sicuramente errati: anche di 15 miliardi di anni, addirittura superiori a quella dell’universo (13,7 miliardi di anni). La sensibile decelerazione che sperimentano questi oggetti celesti nella fase in cui viene loro a mancare il gas dalla stella compagna può quindi giustificare il perché appaiano spesso molto più antichi degli astri attorno a cui orbitano.