ONDE ELETTROMAGNETICHE VORTICOSE

Fusilli spaziali

A Venezia per la prima volta trasmessi e ricevuti con successo due segnali sonori sfruttando la vorticità delle onde elettromagnetiche. Un risultato che apre importanti prospettive nella tecnologia delle telecomunicazioni ma anche nell'astrofisica. Ce lo spiega Fabrizio Tamburini, ideatore dell'esperimento.

     02/03/2012

"Segnale ricevuto": è il messaggio proiettato sulla facciata di Palazzo Ducale a Venezia che conferma la riuscita dell'esperimento di trasmissione con onde elettromagnetiche vorticose.

Non sono certo le tagliatelle di Nonna Pina alla Prova del Cuoco quelle a cui pensava Fabrizio Tamburini, ricercatore dell’Università di Padova, nei suoi studi sulla vorticità delle onde elettromagnetiche. L’idea però di paragonare a un fusillo la loro forma quando si attorcigliano attorno al proprio asse di propagazione è certamente azzeccata ed efficace. Da questa proprietà discendono ricadute potenzialmente enormi, sia dal punto di vista della ricerca scientifica che nel campo delle tecnologie per le telecomunicazioni. Lo ha dimostrato infatti lo stesso Tamburini in un esperimento organizzato insieme a colleghi italiani e svedesi l’estate scorsa a Venezia, i cui risultati vengono pubblicati online oggi sul sito della rivista New Journal of Physics.  In pratica, i ricercatori hanno realizzato un ponte radio tra l’isola di San Gregorio e la balconata del Palazzo ducale della città lagunare, utilizzando dei trasmettitori e dei ricevitori adattati per produrre onde radio alla frequenza di 2,4 gigaHertz (quella usata nelle comunicazioni Wi-Fi) con due differenti modalità di attorcigliamento. I due segnali inviati in contemporanea dalla stazione trasmittente – due suoni continui con differenti intonazioni – sono stati captati e separati correttamente dall’apparato ricevente, distante 442 metri.

“Abbiamo organizzato questo esperimento all’aperto, nello stile di Marconi” spiega Tamburini. “Questo per dimostrare a tutti che per la trasmissione abbiamo utilizzato le proprietà del campo elettromagnetico e non trucchi di elettronica. Abbiamo quindi realizzato in ricezione un semplice interferometro con due antenne, proprio come si fa in radioastronomia, per leggere gli stati di vorticità, mentre in trasmissione abbiamo utilizzato dei paraboloidi modificati ad arte per imprimere delle vorticità nell’onda elettromagnetica. E i due segnali sonori inviati su canali con vorticità diversa sono stati uditi quando abbiamo sintonizzato i ricevitori sui quei canali”.

Idealmente, visto che gli stati di vorticità sono infiniti, per una determinata frequenza si potrebbero creare infiniti canali indipendenti e non sovrapposti. Il limite dei canali diventa quindi solo un problema tecnologico ed economico. In laboratorio si sono realizzati stati con vorticitá oltre i valori -3000 e +3000, ottenendo quindi fino a 6001 canali con la stessa frequenza. Sono evidenti i vantaggi che questa tecnica permetterebbe nell’ambito delle telecomunicazioni. Da un lato, moltiplicare la portata di dati trasmessi per una data frequenza e quindi allo stesso tempo ridurre l’inquinamento elettromagnetico, concentrando le trasmissioni su ‘fette’ più strette dello spettro di emissione.

“Quello che a noi interessava principalmente però era capire come si comportavano nello spazio libero queste onde radio vorticose. I risultati mi incoraggiano a pensare che con i nostri radiotelescopi potremo sfruttare questa proprietà per misurare la rotazione del buco nero supermassiccio che si trova nel centro della nostra Galassia, una informazione preziosissima per comprendere la natura e le proprietà di uno tra gli oggetti celesti più estremi”.

 

Per saperne di più:

  • Ascolta l’intervista di Media INAF a Fabrizio Tamburini sulle onde vorticose e sull’esperimento condotto a Venezia
  • Leggi l’articoloEncoding many channels on the same frequency through radio vorticity: first experimental test” di  Fabrizio Tamburini, Elettra Mari, Anna Sponselli, Bo Thidé, Antonio Bianchini e Filippo Romanato,pubblicato on line sul sito della rivista New Journal of Physics
  • Guarda il video dell’esperimento