A un primo sguardo, quelle regolari ondulazioni sulla superficie di Marte visibili in alcune delle immagini ottenute dall’High Resolution Imaging Science Experiment, esperimento a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA (a cui l’Italia contribuisce con il radar ShaRad sviluppato dall’Università La Sapienza per l’ASI), sembrano dune di sabbia. Ma ad un’analisi più accurata, piuttosto che ammassi composti da materiale sabbioso, risultano essere rocce compatte, letteralmente scolpite in questo modo dai venti che spirano sul Pianeta Rosso. Strutture mai osservate prima, scoperte da un gruppo di geologi dell’Università di Washington che le hanno battezzate “rilievi rocciosi periodici” (Periodic Bedrock Ridge, PBR).
Per il team di scienziati queste ‘rughe’ sulla superficie di Marte sono state scavate da una insolita forma di erosione eolica che si è sviluppata in direzione perpendicolare rispetto a quella dei venti prevalenti che spirano sul pianeta. Un fenomeno dovuto probabilmente alle interazioni dei venti con la conformazione orografica di Marte che può avere modificato localmente il loro corso, facendoli risalire in quota, per poi tornare a terra.
Per David Montgomey, che ha guidato la ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati online in un articolo sul sito della rivista Journal of Geophysical Research, queste rocce erose “possono raccontarci la storia di cosa è accaduto in quei luoghi. Il vento infatti ci avrebbe fatto il favore di esporre gli strati più interni di alcune rocce della superficie di Marte, nei quali possiamo leggere la storia della loro formazione ed evoluzione”.