Dalla sorprendente scoperta, avvenuta a fine anni ’90 del secolo scorso, che l’universo si espande a una velocità sempre maggiore e che è valsa agli scopritori il Premio Nobel per la Fisica, gli esperti di tutto il mondo sono alla caccia di informazioni utili per capire quale sia il meccanismo che governa questa accelerazione e, soprattutto, a cosa sia dovuto.
Uno tra i più promettenti progetti di ricerca in questo ambito è BOSS (Baryon Oscillation Spectroscopic Survey), i cui primi risultati sono stati presentati oggi, durante il Meeting nazionale di astronomia a Manchester, organizzato dalla Royal Astronomical Society (RAS). BOSS ha l’ambizioso obiettivo di raccogliere gli spettri di un milione e mezzo di galassie per rivelare quale sia il ruolo della cosiddetta energia oscura nell’accelerazione dell’universo. Per fare questo, i ricercatori coinvolti utilizzano uno spettrografo di nuova generazione installato al telescopio da 2.5 metri presso l’Apache Point Observatory nel New Mexico (USA). Grazie all’ausilio di questo strumento, i ricercatori sono riusciti a raccogliere finora lo spettro di circa 250 mila galassie molto brillanti (questo è un requisito fondamentale per riuscire a ottenere informazioni su volumi cosmologici molto grandi). Alcune di queste sono talmente tanto distanti che la loro luce ha viaggiato più di 6 miliardi di anni per raggiungere la Terra. Basti pensare che l’universo ha ormai circa 13,6 miliardi di anni.
Come indica il suo nome, BOSS sfrutta l’osservazione estesa di questo tipo di oggetti celesti per ricostruire quelli che sono gli effetti indiretti delle oscillazioni acustiche dei barioni (BAO) nella distribuzione della materia nell’universo. Le oscillazioni barioniche acustiche sono ben visibili nel fondo cosmico di microonde e sono state misurate da esperimenti recenti (COBE, WMAP) e verranno ancor meglio investigate dal satellite Planck nel prossimo futuro.
Il meccanismo che è alla base di queste oscillazioni è ben noto: materia e radiazione sono nell’universo primordiale indistinguibili e oscillano insieme fino all’epoca della ricombinazione, dopo la quale hanno destini separati e assai diversi. Questo effetto offre la possibilità di determinare in modo preciso una “scala”, cioè una distanza fisica in Megaparsec (milioni di parsec, ogni parsec è pari a circa 3,26 anni luce) alla quale questa oscillazione primariamente avviene, che diventa a tutti gli effetti un “regolo standard” per misurare l’universo.
Nello stesso modo in cui queste oscillazioni sono presenti nella radiazione di fondo cosmico (formatasi circa 300.000 anni dopo il Big-Bang), possono essere misurate ad epoche più vicine a noi (quando l’universo aveva un’età di 8 miliardi di anni), attraverso la distribuzione della materia su grande scala.
Queste “oscillazioni” nella materia sono prodotte dalla stessa fisica del fondo cosmico, ma appaiono in ere cosmiche molto diverse e vanno stimate in modo alquanto sofisticato. Le piccole differenze di densità che appaiono sotto forma di differenza di temperatura nel fondo cosmico, possono essere osservate nell’universo più vicino a noi come piccole variazioni nella distribuzione delle galassie a una distanza fisica ben precisa, rispetto ad una distribuzione uniforme. L’oscillazione definisce una “scala caratteristica” periodica che si manifesta come una probabilità leggermente maggiore di trovare due galassie distanziate tra loro di 500 milioni di anni luce piuttosto che 400 o 600.
La misura di questa scala caratteristica nella distribuzione delle galassie, residuo della oscillazione del plasma, offre un’altra misura standard ad un’epoca molto diversa rispetto a quella del fondo cosmico permettendo così, confrontando tali due misure, di mappare l’evoluzione dell’universo tra le due epoche: quella della formazione della CMB e quella in cui l’universo aveva già età di qualche miliardo di anni. Tra queste due epoche l’universo si è verosimilmente espanso grazie all’effetto dell’energia oscura e molteplici strutture cosmiche si sono già formate. La sfida successiva sarà quella di utilizzare dei traccianti dell’oscillazione ad epoche ancora diverse come il mezzo intergalattico, attivita’ in cui l’Osservatorio di Trieste è coinvolto nell’ambito della collaborazione BOSS.
I risultati ottenuti hanno una duplice valenza: da un lato, la significatività statistica di tale misura è molto maggiore rispetto agli studi analoghi di sei anni fa con i dati provenienti dalla survey 2dF survey e dalla stessa SDSS; dall’altro, si estende l’epoca cosmica di osservazioni rispetto ai dati precedenti, in un regime in cui la dark energy (energia oscura) e la dark matter (materia oscura) evolvono rispetto ai valori attuali.
Pertanto questi dati offrono la possibilità di rafforzare ulteriormente il modello cosmologico standard, essendo in accordo con misure indipendenti ottenute per esempio dalle supernovae (proprio la ricerca che ha ottenuto il premio Nobel per la fisica 2011) e di misurarne in modo ancora più preciso le sue proprietà, testando la gravità ad epoche e scale fisiche che fino ad ora erano poco conosciute.
* Ricercatore presso l’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste